Australia, la strategia anti Covid
si ripete: no a F1 e MotoGP nel 2021

Nella lunga battaglia mondiale contro il Coronavirus, l’Australia ha sempre recitato un ruolo a sé. È la nazione che nell’immaginario collettivo viene costantemente associata alla prima alba del Pianeta, il luogo dove tutto comincia (classico il collegamento del “primo capodanno dell’anno“, ogni 1° gennaio). Affascinante e isolata, oltre che per buona parte del proprio territorio desolata, è tra i Paesi che meno hanno pagato dazio al Covid. Anche per questo, però, ha sempre presentato regole particolarmente severe. Che, anche nel corso del 2021, rivoluzioneranno gli eventi sportivi. In particolare quelli dei motori: Formula 1 e MotoGP.

Covid e sport: l’Australia anticipò tutti nel 2020

Riguardo alle quattro ruote, che il 2020 sarebbe stato un anno diverso da qualsiasi altro per il mondo dello sport lo si capì proprio in occasione del Gran Premio d’Australia del 15 marzo. Tutto era pronto a Melbourne, addirittura i team si preparavano alle prime prove libere della stagione sul circuito dell’Albert Park. Ma in quel venerdì 13 (giorno infausto per le culture anglosassoni), il tutto venne annullato. Se ne riparla nel 2021. E invece no.

Già spostato da marzo a novembre (da inizio a fine stagione, come non avveniva dal 1995), il Gran Premio d’Australia è stato infatti definitivamente cancellato anche per il 2021. Ma la Formula 1 non intende farsi cogliere impreparata. “Abbiamo numerose opzioni per riempire la casella vacante, che verranno analizzate nelle prossime settimane. Ma siamo tristi di dover rinunciare ai tifosi australiani quest’anno“, afferma in una nota su Twitter.


F1, MotoGP, tennis e non solo: la prudenza non è mai troppa

Stesso destino per l’altrettanto amato appuntamento in Australia della MotoGP. Niente Phillip Island anche per il 2022, quindi, con Fim e Dorna che hanno già trovato la soluzione: un secondo Gp dell’Algarve, in Portogallo, nel mese di novembre. Come per la Formula 1, il motivo è il medesimo: “L’andamento della pandemia, le complicazioni legate ai viaggi e le restrizioni logistiche“.

L’Australia, infatti, prevede un protocollo anti Coronavirus molto severo. A partire dalla quarantena, obbligatoria per chi arriva dall’estero è infatti di 14 giorni. Lo sanno bene i tennisti (e anche gli spettatori) che sempre a Melbourne hanno preso parte agli Australian Open lo scorso febbraio, con misure restrittive rigorosissime. D’altronde, anche grazie a un sistema capillare di contact tracing, un’altra vasta area del Paese (il Nuovo Galles del Sud, dove per esempio si trova Sydney) è stata graziata dai contagi di massa per tutto questo tempo.

A Melbourne, e nel resto dello Stato del Victoria, pur di evitare guai si è invece vissuto per ben sette mesi in lockdown. Lockdown vero, severo e senza deroghe. Soprattutto per quanto riguarda i viaggi. Lo sanno bene i tanti expat che vivono o lavorano in Australia. E che da quasi due anni non possono tornare nei Paesi d’origine. Però, nella terra in cui tutto comincia, non si vuole certo precipitare in un incubo con un anno di ritardo rispetto al resto del Pianeta.

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