Tasi cancellata, ma non è un bene: le conseguenze sull’Imu lo certificano

Una tassa in meno, ma le conseguenze non sono necessariamente positive. Si sta discutendo animatamente sulla cancellazione della Tasi, la Tassa sui Servizi Indivisibili, varata un anno fa. Ma che rischia concretamente di aumentare lo stesso ciò che i cittadini dovranno versare allo Stato in riferimento alle tasse sugli immobili.

I numeri della ricerca: esce la Tasi, aumenta l’Imu

Il tutto nasce da una ricerca della società ‘Bluenext’, i cui risultati sono stati diffusi dal ‘Sole 24 Ore’. L’intento era quello di cancellare la Tasi, per superare il paradosso dei due tributi gemelli sullo stesso immobile” (l’altro è l’Imu, Imposta Municipale Propria). Il problema risiede però nell’esigenza di mantenere il gettito invariato, garanzia che il Governo ha concesso ai Comuni aumentando le loro “libertà sull’Imu“.

In parole povere, spiega il ‘Sole 24 Ore’, la riforma permette ai sindaci di “aumentare l’Imu per mantenere almeno lo stesso livello di entrate garantito dalla vecchia accoppiata Imu-Tasi“. Cosa che si è puntualmente verificata. Con il risultato che alcune realtà territoriali presentano un salasso non indifferente, anche in vista del 2021.

I numeri di ‘Bluenext’, che si è avvalsa della collaborazione fra tutte le software house italiane che si occupano di fisco locale, evidenziano una corsa al rialzo abbastanza indistinta in tutto il Paese. Senza Tasi, rispetto al 2019, “si scopre che 3.775 Comuni hanno aumentato l’aliquota ordinaria, e 4.029 hanno ritoccato anche quella relativa all’abitazione principale“. Quest’ultima, in particolare, “paga l’imposta nei circa 75mila casi in cui l’immobile è considerato «di lusso» dal Catasto“.

Le (mancate) conseguenze su carico fiscale e semplificazione

In conclusione, la cancellazione della Tasi sembra tutt’altro che accompagnata a una detrazione del carico fiscale che pende sulla cittadinanza. “L’imposta si è limitata quindi a cambiar nome, senza alleggerire il carico sui proprietari di immobili“, attacca il quotidiano milanese. Secondo cui la riforma è carente anche sul fronte della semplificazione.

L’addio alla Tasi rappresentava solo una premessa per poter agire di forbice nel ginepraio delle 160mila fra aliquote e detrazioni“, spiega il ‘Sole 24 Ore’. E la rimozione del “doppione della Tasi doveva permettere di ingabbiare la libertà tributaria comunale in una griglia di una dozzina di casi predefiniti all’interno dei quali diversificare le aliquote“. L’atteso “bollettino precompilato”, però, continua a non essere praticabile, a cause delle “troppe variabili comunali“. E così entro il 16 dicembre bisognerà saldare l’imposta dell’Imu per il 2020, con la concreta possibilità che entro il 28 febbraio arrivi un nuovo bollettino. Quella la data in cui si dovrà pagare la differenza, con l’eventuale conguaglio del saldo. E un cane che, sostanzialmente, si morde la coda.

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