Fase 2, Confcommercio: “Metà degli imprenditori valuta chiusura”

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Le imprese e le attività commerciali si stanno rimettendo in moto dopo il lockdown dovuto alla pandemia di coronavirus ma il graduale ritorno alla normalità, come confermato da Confcommercio, non cancella le preoccupazioni per il futuro. Da un’indagine effettuata dall’organismo che a livello nazionale rappresenta oltre 700mila imprese, infatti, da una parte emerge la grande voglia di ripartire, dall’altra il timore per le gravi difficoltà economiche. A ribadire i dubbi del settore è il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella: “La metà di nostri imprenditori valuta la possibilità di dover chiudere”.

“Vitalità sorprendente, ma resta la paura”

“Hanno riaperto quattro imprese su cinque ma nella ristorazione ne resta chiusa più di una su quattro – spiega Bella -. I nostri imprenditori manifestano una vitalità sorprendentemente, se consideriamo i 75 giorni di chiusura totale. Il vero problema per quel che riguarda il futuro, però, non sono le riaperture ma quante attività commerciali riusciranno a sopravvivere“.

Il rappresentante di Confcommercio passa poi ai dati dell’indagine effettuata, dai quali emerge una situazione preoccupante: “Il 30% dei nostri imprenditori – racconta il direttore dell’Ufficio studi – ha dichiarato che se non dovessero verificarsi miglioramenti nelle condizioni generali del business aziendale prenderanno seriamente in considerazione l’opzione di chiudere, un altro 20% è più ottimista ma non scarta la possibilità”.

“Misure frammentarie da parte del governo”

Le cause che hanno portato all’allarme sono essenzialmente due, per Bella: “La prima è l’incremento dei costi dovuti a sanificazione e protocolli, legittimi e necessari ma che ricadono sui commercianti, la seconda è l’inevitabile riduzione dei ricavi“. Il direttore critica, in questo senso, l’approccio del governo: È stato frammentario. Non ho mai voluto fare polemiche finora, ma rimane l’impressione che sia mancata una strategia, anche se qualcosa è stato fatto. Bisognava puntare su pochi interventi come gli indennizzi a fondo perduto per chi ha perso di più”.

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