Violenza sulle donne, dai centri antiviolenza al numero 1522, come chiedere aiuto

La 22enne Giulia Cecchettin è solo l’ultima in un macabro elenco che dall’inizio dell’anno ha continuato ad allungarsi fino a superare la soglia delle 100 vittime. A tenere la contabilità è il ministero dell’Interno, che dal primo gennaio al 13 novembre 2023 registra 102 donne uccise, di cui 82 in ambito familiare o affettivo. Di queste, almeno 53 hanno trovato la morte per mano del compagno o di un ex partner. Un dato in aumento rispetto allo scorso anno.

La violenza subita dalle donne tuttavia non è solo quella fisica e spesso prima di sfociare nel femminicidio assume forme – più o meno subdole, più o meno manifeste – che è fondamentale saper riconoscere per potersi mettere in salvo dal proprio carnefice.

Riconoscere la violenza, da quella fisica a quella digitale

Oltre la violenza fisica e sessuale, ne esiste una di tipo psicologico che, come spiega la Casa delle Donne, si manifesta in “abuso e mancanza di rispetto che lede” l’identità, in critiche costanti, umiliazioni, ridicolizzazione e insulti. Oppure nel controllo ossessivo che limita gli spostamenti, impedisce di incontrare familiari e amici e di coltivare i propri interessi. Senza trascurare quella forma di ricatto psicologico che è la minaccia del suicidio.

È violenza anche quella di tipo economico, quando l’uomo ostacola l’autonomia della donna, le vieta di lavorare, di avere un conto corrente o si appropria del suo patrimonio.

Ogni forma di controllo che passa attraverso gli strumenti tecnologici è invece violenza digitale. Per questo non vanno sottovalutati gli uomini che limitano l’uso dei social media, vogliono conoscere le password per accedere agli account, tengono traccia delle attività online, utilizzano le chat per inviare messaggi offensivi o immagini esplicite senza consenso.

Il comportamento persecutorio invece si configura come stalking: appostamenti, pedinamenti, intrusioni, regali indesiderati, telefonate e messaggi ossessivi sono solo alcuni degli atti che possono incutere timore e influire negativamente sulla vita di una donna.

Scarpe rosse, simbolo della lotta ai femminicidi e alla violenza contro le donne
Foto | Pexeles / Nonmisvegliate – Newsby.it

Chiedere aiuto: il numero di pubblica utilità 1522

Il numero di pubblica utilità 1522 del dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri può essere il primo passo per chiedere aiuto. Attivo dal 2006 con l’obiettivo di far emergere e contrastare il fenomeno della violenza sulle donne dentro e fuori dalle mura domestiche, il 1522 è attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile.

Il servizio, gestito dall’associazione Differenza Donna, è disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo ucraino, portoghese, polacco. Le operatrici telefoniche specializzate forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale. Il 1522, attraverso il supporto alle vittime, sostiene l’emersione della domanda di aiuto, con assoluta garanzia di anonimato. I casi di violenza che rivestono carattere di emergenza vengono accolti con una specifica procedura tecnico-operativa condivisa con le Forze dell’Ordine.

In calo le chiamate al 1522

Secondo i dati Istat, nel 2022 si è registrato un calo del 10% delle chiamate valide rispetto al 2021, passate da 36mila a 32.430. Un calo, secondo l’istituto di statistica, da imputare in parte “al periodo contingente di analisi: il 2021 aveva infatti risentito dell’effetto della pandemia e dei lockdown”. Il numero delle chiamate nel 2022, anche se in calo rispetto all’anno precedente, risulta comunque molto più elevato rispetto ai periodi pre-pandemia (+52,3% nei confronti del 2019) e inizio-pandemia (+2,3% sul 2020).

Si chiama principalmente per avere informazioni sul 1522 (30,6%) e sui Centri antiviolenza (14,5%) e per chiedere aiuto (28,1%), un dato quest’ultimo in calo di quasi il 5%. Le vittime segnalate al 1522 sono donne nel 97,7% dei casi. Il 38,3% ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni e il 15,7% tra i 25 e i 34 anni. Nell’80,9% dei casi sono italiane e nel 53% dei casi hanno figli.

La violenza riportata è soprattutto la violenza psicologica (9.048 casi, pari al 77,8%), seguita dalle minacce (54,5%) e dalla violenza fisica (52,3%). Nel 67% dei casi vengono segnalate più tipologie di violenze subite dalle vittime. La violenza segnalata alle operatrici del 1522 è soprattutto una violenza nella coppia: il 50% da compagni attuali, il 19% da ex partner e lo 0,7% da partner occasionali.

I centri antiviolenza e le case rifugio

Da nord a sud, secondo i dati Istat, sono oltre 370 i Centri antiviolenza e 430 le Case rifugio, un dato in aumento rispetto agli anni precedenti, così come è in aumento la loro utenza. Tutti i servizi sono gratuiti, rispettano l’anonimato e il principio di autodeterminazione delle donne. Sul sito web 1522.eu è presente la mappa aggiornata delle strutture presenti sul territori nazionale. Si tratta di luoghi protetti dove le donne vittime di violenza e i loro figli vengono ospitati e supporto con sostegno psicologico, assistenza e consulenza legale, orientamento al lavoro.

Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio
Giulia Cecchettin | Foto Instagram @bisc0ttoalcioccolato

I tagli ai fondi per la prevenzione: -70% nel 2023

Se è vero che dal punto di vista legislativo tanti passi in avanti sono stati fatti, da ultimo con la riforma del Codice rosso, molta strada resta da fare sul fronte della prevenzione. A fare la conta dei tagli che solo nell’ultimo anno si sono abbattuti sui fondi destinati al contrasto alla violenza di genere è stata ActionAid. Nel report “Prevenzione sottocosto” emerge come dai 17 milioni de euro stanziati nel 2022 si sia passati ai 5 del 2023, con una sforbiciata pari al 70%.

“In 10 anni le risorse economiche stanziate per la legge sul femminicidio per il sistema antiviolenza sono aumentate del 156%, ma il numero delle donne uccise da uomini in ambito familiare-affettivo non è diminuito, restando simile di anno in anno. Questo dimostra come siano state inadeguate le politiche antiviolenza adottate, con una forte penalizzazione dei fondi destinati alla prevenzione, che nell’ultimo triennio sono stati solo il 12% del totale”, commenta Katia Scannavini, vicesegretaria generale ActionAid Italia.

Senza contare che per gli interventi di educazione e sensibilizzazione, che hanno l’obiettivo di intervenire all’origine del fenomeno scardinando norme e comportamenti sociali che producono e riproducono la violenza, è stato stanziato solo il 5,6% rispetto al totale dei fondi antiviolenza erogati tra il 2020 e il 2023. “Senza fondi sufficienti e politiche mirate alla prevenzione si continuerà ad intervenire sempre e solo in risposta alle violenze già subite dalle donne“, spiega Scannavini.

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