Variante Delta, Locatelli ribadisce: “Una dose di vaccino non basta”

Contro la variante Delta non basta una dose di vaccino. Ne occorrono due per garantire la copertura“. Un tema già noto in questa fase di contrasto al Coronavirus. Ma che, ai microfoni di ‘Sky TG24’, ha ribadito il coordinatore del Comitato tecnico scientifico e presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli.

Locatelli e i dati sulla variante Delta

I dati sulla nuova, temutissima variante di Coronavirus sono già stati resi noti nei giorni scorsi. Ma Locatelli li ha ribaditi: “Entro l’inizio di agosto, la variante Delta dovrebbe raggiungere il 70% di diffusione e il 90% entro fine agosto – ha spiegato –. Solleva preoccupazione, perché è più contagiosa e può provocare patologie significative nei soggetti non vaccinati o in chi ha una sola dose di vaccino. Per questo è importante progredire con la campagna vaccinale“.

I dati sulla flash survey saranno disponibili lunedì prossimo. Ma il dato della Lombardia parla di una diffusione della variante Delta giunto al 4% sul totale dei contagi. “Dunque quella stima del 26% è ragionevolmente in eccesso per l’Italia“, ha evidenziato Locatelli. Che ha voluto aggiungere: “Anche se non va sottovalutata la diffusione“.

Come contrastare le nuove varianti Covid

C’è un modo per provare a contrastare in maniera efficace la variante Delta e in generale il Coronavirus in tutte le forme che ha assunto e sta assumendo da quando è iniziata l’emergenza. “Dobbiamo lavorare nella maniera più intensiva sul tracciamento e sul sequenziamento. Perché solo in questo modo riusciamo ad intercettare segnali di diffusione della variante indiana“, ha sottolineato Locatelli.

Importante il sequenziamento. Che però, per arginare realmente la variante Delta non è sufficiente. “Ci sono delle decisioni che devono seguire per cercare di contenere il tutto. Altrimenti il sequenziamento diventa un esercizio inutile“. E in tal senso non sono da escludere nuove zone rosse: “Se necessario, vanno create delle zone per fermare i cluster. Come ad esempio è successo in Umbria, quando si è verificata la diffusione della variante brasiliana“.

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