Traffico migranti: sanzioni Ue, ma neanche la pandemia ferma la tratta

La Commissione Europea annuncia una stretta contro il traffico di migranti. A un anno dalla presentazione del primo Patto sulla migrazione, il vicepresidente Margaritis Schinas e la commissaria Ylva Johansson hanno infatti annunciato l’adozione di un nuovo pacchetto che vede al centro un piano d’azione contro la tratta.

In particolare si baserà su un rafforzamento delle partnership di cooperazione positiva con i Paesi terzi. Ma sono previste anche misure e sanzioni contro le autorità che incoraggiano le partenze. Come prima azione, infatti, Bruxelles ha proposto di sospendere l’accordo di facilitazione dei visti Ue-Bielorussia per i funzionari del regime di Minsk.

Traffico migranti, business da sei miliardi

Ma quanto è esteso il fenomeno del traffico di migranti? Difficile, data la sua natura clandestina, fare una stima precisa. Quel che è certo è che, a partire soprattutto dalle primavere arabe del 2010-2012, il numero di migranti irregolari che cercano di entrare in uno Stato con il sostegno dei trafficanti è aumentato in modo esponenziale, sottolinea DirittoConsenso.

Una delle ultime stime risale al 2016. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, in quell’anno oltre 181mila migranti hanno lasciato il Nordafrica e provato raggiungere le coste europee spesso tramite servizi di contrabbando. Business, quest’ultimo, che – rileva l’Unodc – frutta mediamente 6,75 miliardi di dollari all’anno sulle due tratte principali (Africa-Europa e Sud-Nord America).

Sbarchi aumentati durante la pandemia

Nemmeno la pandemia di Covid-19, però, sembra aver fermato questa attività. Stando al XXVI rapporto Ismu, infatti, nel 2020 l’Italia ha registrato un aumento degli sbarchi di migranti (34mila) dopo due anni in calo (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019). Inoltre, da gennaio a novembre dello scorso anno sono stati 5.032 gli arrivi irregolari via terra. La maggior parte (79%) dalla Slovenia, dunque dalla rotta balcanica.

Restando in Italia, il rapporto 2021 sulla tratta di esseri umani dell’ambasciata Usa ha sottolineato delle carenze nella gestione del problema da parte del nostro Paese. “Il Governo italiano non soddisfa pienamente i criteri minimi per lo sradicamento della tratta di esseri umani, ma sta compiendo sforzi importanti in tal senso”, si legge.

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Gli impegni del Governo contro la tratta

“Nel complesso, ha dimostrato un maggior impegno rispetto al periodo oggetto del precedente rapporto, considerando l’impatto della pandemia di Covid-19 sulle risorse per contrastare la tratta. “L’Italia è rimasta pertanto al livello 2”. E prosegue: “Fra gli sforzi messi in campo, si segnala l’aumento, rispetto all’anno precedente, dei fondi destinati alla prevenzione della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo e alle campagne di sensibilizzazione.

“Il Governo inoltre ha potenziato la formazione destinata agli agenti delle forze dell’ordine e ha adottato nuovi decreti revocando in larga misura quelli del 2018”. Decreti, precisa il report, “che avevano ridotto le tutele umanitarie per i richiedenti asilo, rendendoli più vulnerabili ai trafficanti”.

Le raccomandazioni degli Usa all’Italia

Nonostante l’impegno, però, il rapporto rileva che lo Stato italiano “non soddisfa i criteri minimi sotto diversi aspetti fondamentali. Le autorità hanno riportato un calo del numero di indagini e procedimenti giudiziari per il reato di tratta di esseri umani rispetto all’anno precedente”; e hanno “fornito dati parziali sulle pene comminate”.

“È calato il numero delle vittime individuate e assistite”, si legge ancora; ed è calato “il numero delle ispezioni nei luoghi di lavoro. Il meccanismo nazionale per l’individuazione e l’assegnazione delle vittime ai servizi di assistenza è stato applicato in modo disomogeneo nelle diverse aree del Paese e la sua efficacia è stata discontinua”.

Infine, l’esecutivo “non ha adottato un nuovo piano d’azione nazionale; “non ha nominato un relatore nazionale indipendente” e “non ha accordato indennizzi alle vittime. Una situazione per certi aspetti simile a quella che in queste settimane ha riguardato anche gli Usa e in particolare la gestione dei profughi haitiani nel Sud del Texas.

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