Covid, tutti i segreti della missione degli 007 russi in Italia

La guerra in Ucraina ha riportato alla luce la questione della missione ‘Dalla Russia con amore’ che Mosca inviò come aiuto in Lombardia nel periodo più critico della pandemia di Covid in Italia, nel marzo del 2020. Missione che, nei giorni scorsi, ha iniziato a destare sospetti, temendo doppi fini da parte dei russi.

Secondo alcuni osservatori, dietro all’intervento russo potrebbe infatti celarsi un’operazione di spionaggio. Atterrata all’aeroporto militare di Pratica di Mare – dopo un’interlocuzione diretta fra l’allora premier Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin –, il contingente era composto da 104 militari e due civili. Ovvero i noti epidemiologi Natalia Pshenichnaya e Aleksandr Semenov, i cui nomi furono aggiunti a penna in un secondo momento poiché non autorizzati preventivamente. Dei 104 agenti, però, salta all’occhio un dettaglio: i medici in squadra erano solo 32. Gli altri 72 erano infatti generali e presunti agenti dei servizi segreti di Mosca. Qual era, quindi, il loro reale obiettivo?

Covid, le verifiche dell’intelligence italiana sulla missione degli 007 russi

La vicenda, come detto, è tornata d’attualità di recente. Proprio oggi, ad esempio, ha parlato della missione Covid ‘Dalla Russia con amore’ l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, che ha dichiarato: “Al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno morde quella mano non è onorevoleLa missione è andata solo nei posti indicati dall’Italia, precisamente a Nembro, centro della pandemia in quel momento”.

“Facevano solo quello che veniva detto dai colleghi italiani e la missione russa è terminata quando l’Italia ha proposto di concluderla – ha aggiunto –. Le autorità italiane hanno espresso gratitudine per quanto fatto”. In precedenza, invece, è stato l’alto funzionario del ministero degli Esteri russo Alexei Paramonov a far scattare un campanello d’allarme in Parlamento, spingendo i partiti a chiedere delle verifiche su quella operazione. A insospettire è stato soprattutto il tempismo di Paramonov, che ha rievocato la missione dopo le sanzioni del Governo contro Mosca, parlando di “ingratitudine” dell’Italia.

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In realtà, delle verifiche dell’intelligence italiana ci sono già state. Lo si evince dalla Relazione annuale sulle sue attività che il Copasir ha consegnato alle Camere il 9 febbraio scorso. “Secondo notizie di stampa, nel contingente militare russo inviato in supporto all’Italia nel contrasto all’emergenza sanitaria da Covid-19 nelle province di Bergamo e Brescia nel marzo/aprile del 2020, sarebbe stato presente personale dei servizi segreti russi”, si legge nel documento.

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E ancora: “Tale vicenda è stata oggetto di una richiesta di informazioni al Dis e di richieste di chiarimenti durante le audizioni del ministro della Difesa e dei direttori dell’Aise e dell’Aisi. Da quanto si è appreso, la missione russa si sarebbe svolta esclusivamente in abito sanitario con il compito di sanificare ospedali e residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e il convoglio si è mosso sempre scortato da mezzi militari italiani”.

Circostanza, questa, confermata anche da Conte in un’intervista al Corriere della Sera del 21 marzo. “I direttori delle agenzie di intelligence Aise e Aisi hanno assicurato che non c’è mai stata attività impropria che ha travalicato dai confini sanitari – ha detto l’ex premier –. Lo hanno riferito anche di fronte al Copasir specificando che l’attività dei russi si è svolta nei limiti e nelle forme che sono poi state concordate con le autorità sanitarie. Per questo ritengo che le insinuazioni, i dubbi e le perplessità mi sembrano assolutamente fuori luogo”.

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Dichiarazioni che, però, non sono bastate a dissipare i dubbi. Per questo non è da escludere l’ipotesi che possano esserci dei nuovi – e più approfonditi – controlli. E non è da escludere nemmeno che possano valutarsi anche nuove audizioni, compresa quella dello stesso Conte. Fu lui infatti a dare il via libera alla missione Covid dopo aver parlato al telefono con Putin. L’ex premier ha affermato inoltre di aver condiviso l’iniziativa del Cremlino con i ministri di Difesa, Lorenzo Guerini, ed Esteri, Luigi Di Maio.

Altri dubbi emersero dal reale apporto fornito dagli 007 russi, che rimasero in Italia per due mesi. Secondo la viceministra Emanuela Del Re, hanno consegnato all’Italia “521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, mille tute protettive, due macchine per analisi di tamponi, 10mila tamponi veloci e 100mila tamponi normali”. Lo si evince dalla risposta che, nell’ottobre 2020, Del Re ha fornito a un’interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi di sei mesi prima. In molti hanno fatto notare come quei dispositivi, nel pieno dell’emergenza sanitaria, bastassero a coprire a malapena il fabbisogno di mezza giornata.

Il tutto a fronte di un esborso del governo italiano di oltre tre milioni di euro. Di questi, 400mila euro (anticipati da Regione Lombardia) servirono per far alloggiare il contingente russo in un hotel di Bergamo; mentre i mezzi sarebbero stati parcheggiati in una caserma dell’aviazione in zona Orio al Serio. Infine, desta sospetti la presenza – documentata dal Corriere – dei russi a Milano per un’intera giornata. La base sarebbe stata il consolato russo in zona San Siro, dove Paramonov servì come console dal 2008 al 2013. E il mistero s’infittisce.

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