Alzheimer, approvato primo farmaco dopo 20 anni: ma la scienza ha dubbi

Una notizia di per sé sensazionale, anche perché attesa da decenni. Che però ha provveduto a spaccare la comunità medica. La Fda, autorevole Agenzia americana per il controllo dei farmaci, ha infatti approvato nello scorso mese di giugno l’Aducanumab, farmaco che dovrebbe comportare il più importante contrasto al morbo di Alzheimer mai registrato nella storia. Ma già allora emersero le prime perplessità.

Alzheimer: decenni di ricerca, ora una risposta

L’Aducanumab è prodotto dall’agenzia Biogen e, se somministrato precocemente, ha dimostrato di essere in grado di rallentare il declino cognitivo tra i malati di Alzheimer. La stessa Fda ha ordinato un nuovo test clinico sul farmaco. Che, lo sottolineiamo, al momento non permette di guarire dalla malattia, ma di controllarne l’avanzamento. Un risultato comunque mai raggiunto prima, nonostante almeno vent’anni di ricerca. Alcuni esperti, tuttavia, affermano che non ci siano ancora prove sufficienti per dimostrare l’efficacia del prodotto.

La terapia a base di Aducanumab comporterebbe una iniezione al mese per via endovenosa, e avrebbe il risultato di rallentare gli effetti dell’Alzheimer nei pazienti che ne soffrono. Per la prima volta la comunità scientifica è al lavoro su un trattamento che interessa il decorso e non si limita ad aggredire i sintomi della demenza. Nel corso degli anni ben 400 test clinici si erano rivelati fallimentari. E anche per questo, ora l’attesa è alle stelle. “Siamo consapevoli dell’attenzione che circonda questa approvazione – affermò a giugno Patrizia Cavazzoni, che dirige il Center for Drug Evaluation and Research dell’Fda. Sappiamo che la terapia ha generato l’attenzione della stampa, dei pazienti e di molti soggetti interessati“.

Aducanumab: come funziona e perché divide

Chi già non ha nascosto il proprio grande entusiasmo è Roberto Burioni. “Oggi è una giornata storica. Approvato da FDA il primo farmaco efficace contro il morbo di Alzheimer“, scrisse infatti il virologo su Twitter, il giorno stesso in cui si diffuse la notizia. E Carlo Ferrarese, Professore Ordinario di Neurologia all’Università Bicocca di Milano, spiegò al ‘Corriere della Sera’ come funziona concretamente l’Aducanumab: “Sappiamo che la malattia è dovuta all’accumulo nel cervello di una proteina che si chiama beta amiloide. Quindi questo farmaco, che è un anticorpo monoclonale, funziona perché intrappola questa proteina e ne impedisce l’accumulo. Ma allo studio ci sono anche altri anticorpi monoclonali“.

C’è anche il problema di identificare i pazienti di Alzheimer candidati alla nuova cura. “Occorre selezionare i pazienti non solo con l’analisi dei sintomi, ma anche con indagini diagnostiche come la Pet“, aggiunse Ferrarese. E i dubbi non mancano, dato che al momento alcuni esperti parlano di un’efficacia solo di fronte a forme molto lievi del morbo. Ma, soprattutto, di un trattamento che potrebbe costare tra i 30 e i 50 mila euro all’anno.

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