Sanità, è scontro sui tagli. I numeri del Gimbe: “Verso il baratro”

La sanità pubblica italiana “va verso il baratro” con il crollo del rapporto tra la spesa e il Pil, che dal 6,7% del 2022 scende al 6,6% nel 2023 e continua a calare negli anni successivi, sino a raggiungere il 6,1% nel 2026, un valore inferiore a quello pre-pandemico del 2019 (6,4%).

Uno scenario a tinte fosche quello tratteggiato dall’analisi indipendente della Nota di aggiornamento al Def (Nadef) 2023 condotta dalla Fondazione Gimbe sulla spesa sanitaria, in vista della legge Bilancio. L’obiettivo del documento è di “informare il confronto politico e il dibattito pubblico in vista della discussione sulla Manovra“, spiega il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta.

È del tutto evidente – commenta Cartabellotta – che l’irrisorio aumento della spesa sanitaria di 4.238 milioni di euro (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo”.

Per l’opposizione un’occasione per tornare all’attacco della maggioranza di governo, alle prese con la ricerca spasmodica di risorse per la Manovra. La premier Giorgia Meloni dal canto suo difende la linea del governo.

Nadef, l’analisi del Gimbe: “La sanità non è una priorità”

A fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,5%, la Nadef 2023 stima la crescita media della spesa sanitaria all’1,1%. Rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria nel 2024 scende a 132.946 milioni (-1,3%), per poi risalire nel 2025 a 136.701 milioni di euro (+2,8%) e a 138.972 milioni (+1,7%) nel 2026.

Insomma, nella Nadef 2023 la “sanità pubblica rimane la ‘cenerentola’ dell’agenda politica” certificando che, “in linea con i governi degli ultimi 15 anni non rappresenta affatto una priorità politica neppure per l’attuale esecutivo”.

Detto in altri termini, “le stime previsionali della Nadef 2023 sulla spesa sanitaria per il triennio 2024-2026 non lasciano affatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma certificano piuttosto evidenti segnali di definanziamento, ancor più evidenti di quelli del Def 2023“. In particolare il 2024, “lungi dall’essere l’anno del rilancio, segna un preoccupante -1,3%”.

A parole, sottolinea il presidente di Gimbe, la Nota di aggiornamento al Def afferma l’intenzione di stanziare risorse per medici e infermieri nei prossimi tre anni ma i numeri prospettano solo tagli.

Gimbe: “Non è garantito equo accesso alla sanità”

Oggi la grave crisi di sostenibilità del Ssn non garantisce più alla popolazione equità di accesso alle prestazioni sanitarie con pesanti conseguenze sulla salute delle persone e sull’aumento della spesa privata”, spiega Cartabellotta.

In un quadro simile le stime Nadef 2023, secondo il presidente, confermano “che il rilancio del Servizio sanitario nazionale non rappresenta una priorità politica nell’allocazione delle, pur limitate, risorse. Scivolando, lentamente ma inesorabilmente, da un Servizio Sanitario Nazionale basato sulla tutela di un diritto costituzionale, a 21 sistemi sanitari regionali basati sulle regole del libero mercato. E, ignorando, rispetto ad altri Paesi, che lo stato di salute e benessere della popolazione condiziona la crescita del Pil: perché chi è malato non produce, non consuma e, spesso, limita anche l’attività lavorativa dei propri familiari“.

Meloni: “Conta come vengono spese le risorse”

Da Torino, dove si trova per il Festival delle Regioni, la presidente del Consiglio dal canto suo ha messo proprio la sanità tra le priorità dell’agenda di governo.

E ai governatori che hanno chiesto a più riprese maggiori investimenti sul comparto, lei replica che non contano solo i fondi: “Un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti, ma sarebbe miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Bisogna avere un approccio più profondo anche su come vengono spese. Non basta necessariamente spendere di più per risolvere i problemi se poi i fondi vengono usati in modo inefficiente.

Del resto la coperta è corta, ha detto alla platea, “anche a causa dell’eredità di una politica che ha sempre avuto in passato un orizzonte troppo breve”.

Scontri a Torino tra polizia e manifestanti con la premier Meloni
Scontri a Torino | Foto Alanews – Newsby.it

Opposizioni all’attacco

Le opposizioni vanno all’attacco della premier. A cominciare dal Partito democratico.Giorgia Meloni anziché ravvedersi sui tagli previsti per la sanità continua a prendere in giro le persone, comprese quelle che l’hanno eletta. Dire che la sanità è una priorità ma che l’impegno non si misura sui soldi messi a disposizione è la beffa dopo il danno. Noi pretendiamo che questo governo investa i fondi necessari“, commenta la segretaria del Pd Elly Schlein.

Se la presidente pensa di poter continuare a governare a colpi di propaganda senza tutelare il Servizio sanitario nazionale troverà un’opposizione dura e senza sconti”, avverte la leader dem.

A Torino cortei anti Meloni

Critiche al governo sono arrivate anche per quanto accaduto fuori da Palazzo Carignano a Torino, con gli scontri tra la polizia in tenuta antisommossa e i manifestanti del corteo organizzato da studenti e centri sociali contro la visita di Meloni al grido di “non sei la benvenuta”.

Tra lanci di uova, spintoni e manganellate, sono rimasti feriti due giovani (cinque secondo i manifestanti) e quattro agenti dei reparti mobili di Torino e Genova. Una sessantina di persone sono state identificate. I reati ipotizzati vanno da resistenza a lesione a pubblico ufficiale, da manifestazione non autorizzata a lancio di oggetti.

Amnesty: “Uso illegittimo della forza”

Amnesty International Italia ha denunciato in una nota “l’ennesimo uso della forza illegittimo ed eccessivo da parte delle forze di polizia impiegate in funzioni di pubblica sicurezza”.

L’Ong sottolinea come la condotta degli agenti sia stata “distante dagli standard internazionali”. Lo dimostrano le immagini che circolano in rete che “mostrano agenti di polizia che inseguono coi manganelli manifestanti in fuga, colpiscono persone che pacificamente sorreggono striscioni e, infine, limitano e bloccano il movimento di parte del corteo impedendo che la manifestazione possa svolgersi e concludersi”, ha commentato Riccardo Noury, portavoce dell’organizzazione per i diritti umani.

In uno dei video che documentano gli scontri tra i manifestanti e gli agenti pubblicati si sente distintamente una donna che grida a un poliziotto: ”Cosa fai? Picchi i ragazzini, non vedi che è un ragazzino, lascialo”.

Il Pd ha invocato chiarimenti dal ministro dell’Interno: “Studentesse e studenti, anche giovanissimi, mentre legittimamente manifestavano a Torino sono stati caricati e manganellati dalle forze dell’ordine. Piantedosi chiarisca immediatamente l’accaduto: l’uso della forza e della violenza ingiustificata non è tollerabile”, ha detto Alessandro Zan, deputato dem e responsabile diritti del partito.

Non la pensa così il nuovo prefetto di Torino Donato Giovanni Cafagna, convinto che le cariche della polizia al corteo siano state “un atto dovuto” visto che la manifestazione, 350 persone in tutto, non era stata autorizzato.

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