Quanto costeranno all’Italia i centri per i migranti in Albania?

Cifre che si aggirano, e rischiano di superare, la quota di 850 milioni. L’opposizione sul piede di guerra, Meloni difende le sue scelte ma le polemiche non si placano

Il 7 novembre scorso, la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, e il primo ministro albanese, Edi Rama, hanno siglato un protocollo d’intesa per rafforzare la collaborazione tra i due Paesi in materia migratoria. Questo accordo prevede che l’Italia costruisca e gestisca tre centri per l’accoglienza dei migranti in Albania, coprendo interamente i costi e operando sotto la propria giurisdizione. Sebbene l’accordo abbia una durata iniziale di cinque anni, è rinnovabile tacitamente, senza necessità di comunicazioni formali. Nonostante il potenziale diplomatico dell’intesa, le critiche non sono mancate, soprattutto per quanto riguarda i costi elevati e le complesse implicazioni legali e operative.

Non più di tardi di ieri, infatti, il segretario di +Europa Riccardo Magi è stato protagonista di uno scontro con la sicurezza del sito, dove il deputato stava protestando con dei cartelli che recitavano: “No alla Guantanamo italiana, no all’hotspot elettorale di Meloni”. Tuttavia, mentre agitava i suo cartelli all’arrivo della premier, Magi è stato bloccato e spintonato dagli agenti di sicurezza albanesi, richiamati proprio dalla stessa Meloni che in inglese ha chiesto di lasciarlo andare, ricordando come si tratti di un parlamentare italiano. Il rappresentante di +Europa ha poi ammonito la premier chiedendosi: “Se un parlamentare viene trattato così, chissà i poveri cristi che saranno trasportati qui…”.

Le critiche dell’opposizione

Naturalmente quella di Magi non è l’unica forma di protesta contro i centri per migranti albanesi, Matteo Renzi si è chiesto come sia possibile “che Meloni prenda 850 milioni delle tasse degli italiani e li butti letteralmente via per andare a costruire un cento migranti che non accoglierà nessuno, quando hai le liste di attesa? Ma dalli alle visite specialistiche, agli infermieri. Mi aspetterei che Meloni dica, rinuncio a questi 850 milioni e li metto sulla Sanità. Ma non lo fa perché punta solo agli annunci”. D’accordo con il leader di Italia Viva anche Giuseppe Conte: “Il decreto sull’Albania non serve a nulla. Quando i migranti saranno lì dopo li dovremo riportare in Italia. E si diffonderanno per le nostre strade. Quindi se me li porti in Albania spendendo quasi un miliardo quale è la logica?». E quando gli è stato chiesto se fosse d’accordo con Renzi ha risposto: «Certo, mettiamoli alla sanità. Ma alla sanità andrebbe messo di più».

Elly Schlein ha attaccato la premier, accusandola di essere andata in Albania per “uno spottone elettorale che costa 800 milioni che potevamo spendere per la sanità pubblica. È un enorme spreco di denaro per un progetto che calpesta i diritti delle persone, allunga le sofferenze di chi viene salvato in mare scaricando persone come barili e pacchi sul territorio albanese. Secondo me è contrario a quanto prevede la costituzione». Per Bonaccini: “Andremo a spendere circa un miliardo di euro per fare cose in Albania che si potevano fare in Italia. Quando mi dicono che non hanno i soldi per la sanità pubblica, allora io dico che quel miliardo di euro poteva essere tranquillamente spostato per la sanità pubblica in Italia”.

Giorgia Meloni ed Edi Rama
Giorgia Meloni ed Edi Rama | EPA/FIIPPO ATTILI/CHIGI PALACE PRESS OFFICE – Newsby.it

Alza il tiro Angelo Bonelli di Avs: “Ci troviamo già a 825 milioni di euro di spesa. Con questi ulteriori esborsi supereremo abbondantemente il miliardo. Un pozzo senza fondo che drena risorse pubbliche. Questo miliardo doveva essere usato per la nostra sanità. Ospedali in crisi con liste di attesa interminabili. Destiniamo queste risorse alla sanità e rispettiamo i diritti umani delle persone migranti”.

I costi dei centri per migranti

L’investimento italiano per la realizzazione e la gestione dei centri è significativo, con stime che variano da 610 a 653 milioni di euro per il periodo 2024-2028. La costruzione dei tre centri richiede un investimento iniziale importante. Il governo italiano ha stanziato 65 milioni di euro per la costruzione di un hotspot a Shengjin e di due centri a Gjader: un centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo (da 880 posti) e un Centro di permanenza e rimpatrio (CPR) da 144 posti. I costi includono anche oltre 8 milioni di euro per allacciare le strutture alle reti idriche, elettriche e fognarie, e più di un milione di euro per allestire 22 aule per le udienze telematiche.

Spese operative e logistiche

Oltre ai costi di costruzione, le spese operative annuali rappresentano una parte consistente del budget. Queste includono il noleggio di navi per il trasporto dei migranti, con una spesa prevista di 15 milioni di euro nel 2024 e altri 80 milioni fino al 2028. Inoltre, la gestione del personale è un elemento costoso: il personale italiano che lavorerà nei centri in Albania riceverà stipendi maggiorati, diarie, copertura dei costi di viaggio, vitto e alloggio, con un investimento totale di oltre 250 milioni di euro in cinque anni. Anche le assicurazioni sanitarie per i dipendenti rappresentano una voce di spesa rilevante, stimata in 900mila euro per il 2024 e 1,7 milioni di euro all’anno successivamente.

Complicazioni legali

L’aspetto legale e logistico dell’accordo prevede che solo i migranti maschi, maggiorenni, in buona salute e provenienti da paesi considerati “sicuri” dal governo italiano possano essere trasferiti in Albania. Le domande di asilo saranno esaminate da remoto, con avvocati, interpreti, commissari territoriali e giudici che opereranno dall’Italia. Questo processo solleva numerosi dubbi tra gli esperti di diritto internazionale e gli attivisti per i diritti dei migranti, poiché rende difficile per i migranti spiegare adeguatamente le proprie situazioni e confrontarsi con i propri legali o altre organizzazioni di supporto.

In Italia, le domande di asilo sono esaminate dalle Commissioni territoriali, che devono valutare ogni caso individualmente. Le procedure accelerate, come previsto dal decreto “Cutro” del governo Meloni, complicano ulteriormente questo compito, imponendo scadenze strette: le udienze devono essere organizzate entro sette giorni dalla ricezione di una domanda d’asilo e le decisioni prese nei due giorni successivi. Nel contesto albanese, tutto sarà gestito a distanza, con l’allestimento di stanze telematiche nei CPR per facilitare le udienze, un approccio criticato per la sua inefficacia e potenziale ingiustizia.

Il ruolo delle navi e le selezioni in mare

Un altro aspetto controverso riguarda l’uso delle navi per il trasporto dei migranti tra le acque internazionali, l’Italia e l’Albania. Durante un intervento alla Camera, il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha suggerito che la selezione dei migranti potrebbe avvenire direttamente a bordo delle navi di soccorso, con i migranti più vulnerabili che rimarrebbero a bordo per essere portati in Italia, mentre gli altri sarebbero trasferiti su un’altra nave diretta in Albania. Tuttavia, esperti come Gianfranco Schiavone dell’ASGI hanno evidenziato che una tale selezione in mare aperto è impraticabile e contraria ai principi del diritto internazionale.

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