Trump, Twitter addio: chiuso
il suo account, le furiose reazioni

Niente più Twitter per Donald Trump. L’account personale del presidente uscente degli Stati Uniti è stato chiuso. Motivazione ufficiale: “Il rischio che inciti alla violenza“. Poi anche i post sull’account Potus (quello ufficiale della presidenza) vengono cancellati. E le polemiche, nell’ala più radicale del Partito Repubblicano, tornano a infiammarsi.

Trump e l’importanza di cinguettare

Negli anni Trump aveva fatto di Twitter uno dei suoi terreni più fertili di propaganda. Addirittura ci sono studi sociologici, politologici e antropologici sul suo modo di comunicare tramite i cinguettii e il modo in cui questo abbia avuto un ruolo fondamentale sulla sua ascesa fino alla Casa Bianca. Il tutto fino ai fatti di Capitol Hill, all’assalto al Campidoglio statunitense e alle polemiche che hanno travolto l’ormai ex presidente sia negli Stati Uniti che in tutto il mondo.

Questa la nota ufficiale che Twitter ha diramato per comunicare al mondo che l’account “Donald Trump” non esiste più. “Dopo aver rivisto i recenti tweet da @realDonaldTrump, abbiamo deciso di sospendere permanentemente l’account per il rischio di ulteriore incitamento alla violenza“. Una decisione accolta molto male dalla Borsa, tanto che il titolo della piattaforma ha fatto registrare un pesante -2,78% a Wall Street.

Trump e i suoi: le furiose (e inquietanti) reazioni

L’entourage di Trump ha commentato con parole molto severe la decisione di Twitter, a partire dal figlio Donald jr. Quest’ultimo è arrivato a parlare di “libertà di parola morta in America per colpa di big tech“. “Stiamo vivendo 1984 di Orwell” e “Mao sarebbe orgoglioso” sono altri stralci del suo sfogo. “Big Tech vuole cancellare tutti i 75 milioni di sostenitori di Donald Trump. Se non pensate che i prossimi che prenderanno di mira sarete voi, vi sbagliate“, è invece l’inquietante commento di Jason Miller, consigliere della sua campagna presidenziale. Pubblicato dove? Su Twitter.

E Donald Trump in persona? Ovviamente non si arrende. E ora mette nel mirino il social network che per anni è stato (indirettamente) tra i suoi principali partner politici. “Twitter non è libertà di parola, serve a promuovere la piattaforma della sinistra radicale. Non ci metteranno a tacere“, afferma in una nota. Quindi rilancia: “Siamo in trattative con altri siti. Stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma“. Un’eventualità, se possibile, ancora più pericolosa della precedente. Dove quantomeno un minimo di controllo c’è stato. Come questi tumultuosi giorni hanno confermato.

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