La Casa Bianca avrebbe avviato un piano di riforme che permetterebbe agli Stati Uniti di restare all’interno dell’Oms e ottenere maggiore controllo tramite la nomina di un funzionario americano come direttore generale
Negli ultimi anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha ricoperto un ruolo cruciale nella gestione delle crisi sanitarie globali, ma la sua reputazione e la sua efficacia sono state messe in discussione, specialmente durante la pandemia di COVID-19. L’amministrazione Trump ha avviato un piano di riforma dell’Oms, considerando anche la possibilità di nominare un americano come direttore generale. Questa iniziativa, secondo fonti vicine al piano e documenti proposti, è stata elaborata prima dell’insediamento di Trump nel gennaio 2025 e mira a mantenere gli Stati Uniti come membro influente dell’agenzia sanitaria globale.
Origini del piano di riforma
Il documento, presentato ai consiglieri di Trump prima del suo insediamento, suggerisce che gli Stati Uniti dovrebbero annunciare rapidamente la loro intenzione di ritirarsi dall’Oms e adottare un “nuovo approccio radicale” nei confronti dell’organizzazione. Tra le proposte, spicca la spinta per la nomina di un funzionario americano come direttore generale al termine del mandato di Tedros Adhanom Ghebreyesus, previsto per il 2027.

Il ritiro degli Usa dall’Oms comporterebbe una significativa perdita di fondi per l’agenzia, che dipende fortemente dalle contribuzioni statunitensi.
Critiche all’Oms
La proposta di uscire dall’Oms è stata giustificata dall’amministrazione Trump con l’accusa di cattiva gestione della pandemia da COVID-19 e di eccessiva influenza da parte di altre nazioni. Tuttavia, le critiche mosse all’OMS non sono state accolte senza riserve. Søren Brostrøm, direttore della trasformazione dell’Oms, ha rigettato le critiche, affermando che l’organizzazione ha già intrapreso riforme fondamentali, come:
- Aumento dell’indipendenza dai donatori.
- Maggiore trasparenza nella gestione delle finanze.
La questione della leadership dell’Oms
Uno dei punti focali del piano di riforma è la mancanza di leadership americana all’interno dell’Oms. Gli Stati Uniti rappresentano il maggior finanziatore dell’agenzia, contribuendo circa il 18% del budget annuale, ma non hanno mai avuto un rappresentante alla guida dell’organizzazione. La proposta di un ambasciatore speciale che riporti direttamente al presidente e supervisioni le negoziazioni con l’Organizzazione Mondiale della Sanità potrebbe rappresentare un cambiamento significativo nella dinamica di potere all’interno dell’agenzia. Il documento sottolinea che non esistono ragioni formali per cui un americano non possa ricoprire un ruolo di leadership all’Oms e che la mancanza di tale leadership ha contribuito all’inefficienza dell’organizzazione.
Le reazioni politiche
Il ritiro degli Usa dall’Oms ha sollevato preoccupazioni tra i legislatori statunitensi e gli esperti di salute pubblica. Recentemente, 43 membri del Congresso hanno esortato Trump a riconsiderare il piano di uscita, sottolineando che rimanere all’interno dell’organizzazione e lavorare per le riforme sarebbe nel migliore interesse della salute pubblica americana e globale. Figure di spicco nel campo della salute globale, come Lawrence Gostin, professore di salute globale alla Georgetown University, hanno avvertito che un’uscita dall’Oms potrebbe danneggiare non solo gli Stati Uniti, ma anche la comunità internazionale.
Finanziare l’Organizzazione Mondiale della Sanità è essenziale per la garantirne l’operatività e la fuoriuscita definitiva degli Stati Uniti comporterebbe inevitabilmente tagli significativi ai budget della salute pubblica globale. L’agenzia ha già avvertito che senza il supporto americano ci sarebbero conseguenze dirette per la sua capacità di affrontare le crisi sanitarie. È importante notare che l’OMS ha una vasta gamma di responsabilità, che vanno dalla gestione delle pandemie alla promozione della salute globale, e la sua efficacia dipende dalla cooperazione internazionale.
Per approfondire: Trump ritira gli USA dall’OMS, Pechino promette intervento