Covid, l’intelligenza artificiale prevede quali pazienti moriranno

Un team di ricercatori tedesco ha sviluppato uno strumento che, utilizzando l’intelligenza artificiale, è in grado di prevedere quali pazienti Covid ospedalizzati hanno più possibilità di sopravvivere. Questo permetterà inoltre agli scienziati di realizzare dei trattamenti sanitari più efficaci per la cura della malattia.

La ricerca è della Charity-University Medicine di Berlino, uno degli atenei ospedalieri più grandi del Paese. Attraverso i livelli di 14 proteine presenti nel sangue, l’intelligenza artificiale è quindi in grado di stimare se e come un dato paziente potrà superare l’infezione da Sars-Cov-2.

Lo studio sui campioni di sangue e i livelli proteici

In altri termini, questo sistema consentirà ai medici di capire in anticipo se una persona che ha sviluppato una forma grave del Covid sopravvivrà o meno. In più, esso permetterà di stimare i rischi e di capire chi ha bisogno di cure più intensive per razionalizzarle; soprattutto in tempi di crisi come durante la prima ondata della pandemia.

Lo studio del team della Charity-University, guidato dal dottor Florian Kurth (co-autore della pubblicazione scientifica), è partito dall’osservazione delle condizioni di 50 pazienti Covid critici tedeschi e austriaci. Dall’analisi dei campioni di sangue è quindi emerso che i 15 ricoverati sono deceduti.

Covid, lo sviluppo del sistema di intelligenza artificiale

Partendo da questi dati i ricercatori hanno quindi sviluppato il sistema di intelligenza artificiale, già sperimentato in un trial con 24 soggetti ospedalizzati nella loro struttura. Lo strumento ha previsto con esattezza che cinque di questi sarebbero morti, come è infatti avvenuto; mentre che gli altri 19 sarebbero sopravvissuti.

“Abbiamo individuato 14 proteine che sono cambiate nel tempo nei pazienti in terapia intensiva sopravvissuti rispetto a coloro che non ce l’hanno fatta – afferma Kurth –. È interessante notare come i livelli di plasma in tutte queste proteine erano stati alterati dal Covid-19 in precedenza; questo ci rende particolarmente sicuri della nostra scoperta”.

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