Inflazione in Europa: calo a giugno, previsto nuovo aumento in autunno

L’inflazione della zona euro a giugno è calata, attestandosi intorno a una cifra di 1,9% rispetto al 2,0% del mese precedente. Lo si evince dai dati preliminari dell’Ufficio statistico europeo (Eurostat), come conferma Reuters.

Inflazione in Europa: la causa dei numeri

La crescita dei prezzi al consumo, spiega l’agenzia, è sì accelerata quest’anno, ma tale dato si lega principalmente a fattori eccezionali. Tra essi figurano il rimbalzo dei prezzi del greggio, un aumento delle tasse tedesche e soprattutto l’impatto della pandemia di Covid-19. “Questi fattori continueranno a spingere l’inflazione in rialzo e la crescita dei prezzi probabilmente supererà il 2,5% verso la fine dell’anno, in base alle proiezioni Bce“, spiega Reuters.

Numeri che stanno mettendo in difficoltà la stessa Banca centrale europea. Stanno infatti creando, sempre secondo Reuters, un “problema di comunicazione per la banca“. La Bce, infatti “dal 2003 ha costantemente mancato il proprio target di inflazione, non avendo visto mai un rapido aumento dei prezzi in oltre un decennio“. Per risolvere il problema, tuttavia, non occorre “una risposta di politica monetaria, quindi non è previsto un approccio più restrittivo e i costi di finanziamento dovrebbero restare estremamente bassi per gli anni a venire“.

Le previsione in ottica 2022 e 2023

C’è poi da rimarcare la bassa inflazione che resiste per servizi e beni durevoli. Il dato ‘core’, che esclude le componenti volatili di cibo ed energia, a giugno è infatti rimasto invariato allo 0,9%. L’indice che esclude anche i prezzi di alcol e tabacco presenta invece un calo dall’1,0% allo 0,9%. Altri motivi per “ignorare il picco di quest’anno” sono poi la bassa crescita salariale e l’inefficacia della politica monetaria sull’andamento dei prezzi a breve termine.

Allargando le prospettive, dunque, la Bce prevede che l’inflazione torni ampiamente al di sotto del proprio target per il 2022 e il 2023. Non ci sono membri dell’istituto convinti che i numeri attuali possano generare una pressione duratura sui prezzi tale da causare un rialzo al di là dell’attuale picco temporaneo.

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