Coronavirus, accuse alla Lombardia: “Dati aggiustati per riaprire prima”

Numeri “aggiustati” a proposito dei contagi dal Coronavirus. Numeri atti a fotografare una situazione meno grave di quella reale, con l’obiettivo di interrompere prima del tempo il lockdown e far ripartire le attività, l’economia e le vite della cittadinanza. Questa è l’accusa formalizzata dalla fondazione bolognese Gimbe nei confronti della Regione Lombardia. Che ha scatenato inevitabilmente un enorme polverone, con la replica da parte del Pirellone che non si è fatta attendere.

In Lombardia “troppe stranezze”?

La fondazione Gimbe ha effettuato un report di monitoraggio legato al dopo lockdown dell’emergenza Coronavirus e il suo presidente Nino Cartabellotta ne ha analizzato i dati in un intervento a ‘Radio 24’. “Sui numeri si combinano anche magheggi“, ha affermato, spiegando anche che “in Lombardia si sono verificate troppe stranezze negli ultimi tre mesi“.

E Cartabellotta ha spiegato anche ciò che intende: “Soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti alla Protezione civile e andavano ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti dal Coronavirus. Alternanza e ritardi nella comunicazione e trasmissione dei dati che sarebbe stata giustificata nella prima fase e molto meno ora. Come se ci fosse la necessità di mantenere sotto un certo livello il numero dei casi diagnosticati“.

Le “non decisioni sul Coronavirus”

In Lombardia, ha aggiunto Cartabellotta, c’è stata “probabilmente una enorme diffusione del contagio prima del caso di Codogno. Probabilmente le misure del lockdown dovevano essere più rigorose e intensive. Avevamo chiesto, ad esempio, la chiusura della Lombardia come successo a Wuhan. Perché quel livello di estensione dei contagi così alto non poteva che essere la testimonianza che il Coronavirus serpeggiava in modo molto diffuso già a febbraio“.

Non manca il riferimento a “una serie di non decisioni“, a partire dalla mancata chiusura di Nembro e Alzano Lombardo. Che, secondo Cartabellotta: “ha determinato la diffusione incontrollata nella bergamasca“. Ma secondo il presidente della fondazione Gimbe, in Lombardia vige “una smania quasi ossessiva nel riaprire, perché è il motore economico d’Italia. Però la nostra grossa preoccupazione è che la Regione Lombardia sarà quella che uscirà per ultima da questa tragedia nazionale. Perché è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare l’epidemia, ma di ripartire al più presto con tutte le attività. E questo non lascia tranquilli“.

Il botta e risposta con la Regione

Parole che hanno scatenato l’inevitabile reazione della Regione Lombardia, che ha sottolineato la propria trasparenza nella diffusione dei dati legati al Coronavirus. “In Lombardia i dati sono pubblicati in modo trasparente. Nessuno, a partire dall’Iss, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro. È inaccettabile ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo siano rettificate da chi le ha pronunciate“, ha fatto sapere la Regione tramite una nota ufficiale. In cui si bollano le esternazioni del presidente della fondazione Gimbe come “gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero“.

Ma Cartabellotta ha replicato su Twitter affermando: “Fondazione Gimbe riporta numeri veri ma scomodi“. E per rendere ancora più chiaro ciò che intende, ha aggiunto: “Verificare i dati della Lombardia è impossibile, visto che rispetto ad altre Regioni non sono disponibili in formato open. In più non si conosce lo status di guarigione clinica o virologica dei dimessi. Che, in quanto ‘casi attivi’, devono restare in isolamento domiciliare. Ma se i guariti sono sovrastimati, l’indice Rt si abbassa“.

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