TECNOLOGIA

IPTV, cosa si rischia: tutto quello che bisogna sapere

Con il boom dello streaming, e soprattutto del numero sempre più vasto di piattaforme alternative e concorrenti tra loro, organizzarsi per vedere tutti i film, le serie, i documentari e gli eventi (soprattutto sportivi) che ci interessano è sempre più complicato. Proprio per questo motivo è sempre più diffuso il ricorso all’IPTV. Che però la stragrande maggioranza degli utenti utilizza in maniera illegale. Sottoponendosi, tra l’altro, a rischi colossali.

Se infatti lo strumento, di per sé, è assolutamente lecito, è altrettanto vero che la fama dell’IPTV si lega negli ultimi anni soprattutto a piattaforme pirata. Esse da un lato arricchiscono indubbiamente i proprietari, dall’altro permettono ai clienti di aggirare l’obbligo di abbonamento ai vari Netflix, Amazon Prime, Infinity, Disney+, Discovery e (soprattutto) Sky e DAZN. L’utilizzo di questi strumenti, però, rappresenta a tutti gli effetti un reato. Quali possono essere le conseguenze? Andiamo a scoprirlo.

IPTV: che cosa sono e perché usandole rischiamo grosso

Partiamo però dal principio, spiegando che cosa sia l’IPTV. La sigla sta per Internet Protocol TV, e si tratta quindi di un protocollo attraverso cui vari contenuti multimediali possono essere trasmessi sul web. Esiste già dagli anni ’90, ma in Italia ha vissuto la sua prima grande diffusione solo un decennio dopo. Lo dimostra il fatto che oggi esiste anche un’associazione degli operatori. Ma il fenomeno ha travalicato i confini della legalità soprattutto negli ultimi anni.

Foto | Pixabay | mohamed_hassan

Per accedervi serve una Smart TV, ma ormai è diffusissimo anche il ricorso ad altri dispositivi (tablet, ma anche solo smartphone). A questi si appoggiano molti utenti che accedono a lunghe liste di IPTV a pagamento illegali facilmente reperibili sul web o sui social (soprattutto WhatsApp e Telegram). Esse prevedono abbonamenti di 10-15 euro che includono i servizi di molte (o tutte) le piattaforme streaming disponibili sul mercato. Il risultato è una frode, con danni del valore di diverse centinaia di milioni di euro.

Secondo i dati della Guardia di Finanza, gli italiani che usufruiscono di IPTV pirata hanno raggiunto il colossale numero di due milioni. Costoro spesso hanno pagato un servizio a un gestore sconosciuto e magari irrintracciabile, con cui hanno condiviso dati personali e sensibili. Essi includono ovviamente quelli anagrafici e bancari, che possono quindi entrare in possesso di reti criminali. Non solo, perché a rischiare sono proprio gli utenti. Utilizzare questi servizi, infatti, non ci rende invisibili alle forze dell’ordine. Tramite l’indirizzo IP della connessione a internet si può facilmente risalire a chi sta usufruendo di un abbonamento illegale. E le multe vanno dai 2.582 ai 25.822 euro. Più il carcere, da un minimo di 6 mesi fino a 3 anni di reclusione.

Foto | Unsplash | Markus Spiske

A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, secondo cui non c’è distinzione tra chi trasmette il servizio e chi ne usufruisce. I reati contestati sono infatti esattamente gli stessi: frode informatica e violazione del diritto d’autore. In tal senso è da segnalare l’operazione “Black Out” che la Polizia postale portò a termine nel maggio 2021. In quella circostanza si spense l’80% delle IPTV illegali in Italia. Gli utenti coinvolti furono 1,5 milioni, mentre a 45 persone si contestò anche il reato di associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo al sistema informatico.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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