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SPORT

Jacobs, il doping, le scarpe: l’oro di Tokyo 2020 risponde a tutto

Marcell Jacobs risponde su tutto. E il campione italiano, trionfatore nei 100 metri piani a Tokyo 2020, non si nasconde a proposito di nessuno dei temi che lo hanno visto suo malgrado coinvolto dopo il suo exploit alle Olimpiadi. Dal fatto che il suo successo sia stato agevolato da particolari scarpe alle pesanti illazioni (senza prove) arrivate dagli Stati Uniti a proposito del doping.

Jacobs: “Un oro frutto solo di lavoro e sacrifici”

So che sono arrivato qui facendo tanti sacrifici, tanto lavoro, sconfitte e delusioni. Mi sono sempre rialzato e rimboccato le maniche. Sono arrivato fin qui solo con il duro lavoro. Le polemiche non mi toccano assolutamente, neanche gli rispondo perché gli darei soltanto importanza“, ha dichiarato Jacobs ai cronisti di Tokyo, come riporta l’Ansa.

Un altro stralcio del suo intervento, quello appunto sulle calzature che indossava nella finale dei 100 metri, si può invece leggere sulle colonne di ‘RaiNews’. “Ogni marca ha le scarpe praticamente identiche. Quando me le hanno mandate ho fatto i test e dal Pc non abbiamo visto grandi differenze. Le velocità, le ampiezze e le frequenze sono quelle. È forse più una questione di come riesci ad adattarti“, ha tagliato corto Jacobs.

Il numero uno dell’atletica è dalla sua parte

Ancora più esplicito sul tema doping è stato invece Sebastian Coe, presidente della World Athletics, ente mondiale dell’atletica. “Sono in politica da troppo tempo per essere coinvolto in queste cose – il suo aspro commento –, e sinceramente non leggo tutti i giornali, sono solo speculazioni. Riguardo ogni atleta sono fiducioso sulle prestazioni in gara. Abbiamo sistemi antidoping che garantiscono la certezza su ogni prestazione. Ho seguito i progressi di Jacobs, ha alle spalle un buon sistema di allenamento e un buon coach. Un exploit del genere nell’atletica può accadere: i progressi nel nostro sport sono lineari e statistici“.

Ma c’è anche un altro aspetto che Jacobs ha voluto affrontare, quello dei suoi equilibri familiari. A partire dal rapporto con il padre texano, con cui pochissimi rapporti ha avuto sin da quando era in fasce. “Sto ricominciando a riallacciare i rapporti con mio padre e una parte della mia famiglia. Per questo pensavo di trascorrere più tempo negli Stati Uniti ma non ho alcuna intenzione di andare ad abitare là, qua ho tutto quello che mi serve“, ha garantito il campione olimpico. Che, anche se appare quasi superfluo sottolinearlo, ha problemi ben più grossi da affrontare rispetto alle ingiustificate illazioni di doping piovute sulla sua testa senza alcun motivo.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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