Avevamo lasciato Josip Ilicic in quello splendido poker in Champions League sul campo del Valencia. Era il 10 marzo, oramai dentro pienamente l’emergenza Coronavirus e alle porte dell’imminente lockdown nazionale che avrebbe coinvolto anche il calcio, e l’Atalanta ottenne una storica e meravigliosa qualificazione ai quarti di finale della competizione europea con quel 4-3 sugli spagnoli con ben quattro reti messe a segno dal giocatore sloveno. Da allora, però, si sono quasi perse le tracce di Ilicic che, dopo la ripresa del campionato, ha giocato sporadicamente cinque partite di Serie A, prima dell’ultima apparizione contro la Juventus dello scorso 11 luglio. Poi, stop. Il bomber della Dea è volato in Slovenia per riprendersi, ma non sarebbero problemi fisici ad averlo fermato e ad averlo fatto tornare a casa: quello del giocatore simbolo della squadra di Gasperini, potrebbe essere un dolore più profondo, che non passa con le infiltrazioni e con la fisioterapia.
C’è chi parla di problemi personali e chi di un rapporto in crisi con la moglie Tina, conosciuta in Slovenia; altri parlano di un buco nero dentro il quale ogni tanto il ragazzo si perde (suo padre è morto quando lui aveva sette mesi). Ma attorno si è alzata una più che comprensibile barriera di silenzio. Dal mister Gasperini solo due parole: “Gli siamo vicini”. A curarlo sono i familiari, che lo conoscono davvero, da prima che il calcio gli portasse soldi e fama. “È un ragazzo forte ma anche fragile, come i tronchi degli alberi antichi”, dicono di lui i compagni con cui ha condiviso lo spogliatoio a Firenze, fra il 2013 e il 2017. A Zingonia non sono bastati i gol, le vittorie e la fiducia del club nerazzurro a evitare che qualcosa si rompesse.
È probabile che Josip Ilicic abbia sofferto i mesi di lockdown a Bergamo, con la conta quotidiana dei morti, il suono delle sirene, le bare trasportate dai camion militari, la paura di fare anche le cose più semplici e la metamorfosi del contatto umano: da fonte di conforto a pericolo di contagio. Se la sua sia depressione lo possono dire solo i medici. L’Atalanta ha fatto tutto quel che poteva. I suoi compagni, la società e lo stesso Gasperini si sono spinti fino ai propri limiti in una missione troppo grande anche per loro. L’allenatore gli ha dato fiducia sempre, fino a schierarlo contro la Juventus nonostante le partite spente che aveva giocato con Lazio, Udinese, Cagliari e Sampdoria. Non è bastato. La scintilla non ha riacceso il fuoco. Il rischio è Ilicic non prenderà parte all’impresa più grande della storia atalantina: le fasi finali di Champions, a partire dal match contro il Psg. La società lo aspetta rispettosa. Come tutta la città.
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