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Videogiochi fanno male ai bambini? | Lo studio scientifico cambia tutto

Da decenni ci si interroga sul ruolo dei videogiochi nella vita dei bambini, e di conseguenza sulla loro crescita e il loro sviluppo. Tradizione e luogo comune vogliono che si tratti di un passatempo nocivo per i giocatori più giovani, ma nuovi studi sembrano suggerire una realtà completamente diversa.

Una ricerca pubblicata in questi giorni sull’autorevole ‘Nature.com’ riscrive infatti buona parte di questa storica convinzione. Lo si scopre analizzando i dati che riguardano oltre 5.000 bambini di età comprese tra i 10 e i 12 anni. Ognuno di loro ha risposto alla domanda su quante ore al giorno dedicasse ai videogiochi. I risultati potrebbero sorprendere qualcuno.

Videogiochi: quanto e come influiscono sull’intelligenza dei bambini

Ciò che è emerso è che i videogiochi prendono circa un’ora al giorno della vita dei 10-12enni, mentre mezz’ora trascorre sui social network e due ore e mezza davanti a trasmissioni televisive o online. Il totale davanti a uno schermo è quindi di quattro ore al giorno, che salgono però a sei per il 25% dei bambini appartenenti alle classi sociali più agiate. Un numero complessivamente aumentato in maniera esponenziale nell’arco degli ultimi decenni.

Foto | Pixabay | 11333328

Gli effetti di tutto questo tempo trascorso davanti a uno schermo sono inevitabilmente molteplici. Lo studio, però, si è concentrato soltanto sull’effetto che così tanti videogiochi hanno sull’intelligenza. E quindi su fattori come la capacità di apprendere in modo efficace, pensare razionalmente, comprendere idee complesse e adattarsi a nuove situazioni. I ricercatori hanno quindi calcolato le performance dei ragazzini che hanno partecipato all’esperimento su un’ampia gamma di test cognitivi.

L’indice della loro intelligenza si basava su cinque specifiche capacità. Due di esse riguardano comprensione della lettura e vocabolario, uno i livelli di attenzione e la funzione esecutiva, uno la valutazione dell’elaborazione visuo-spaziale e l’ultimo la capacità di apprendimento su più prove. Ognuno di questi parametri, poi, è stato messo in correlazione con l’ereditarietà e l’ambiente socioeconomico in cui i ragazzini sono cresciuti. Ebbene, lo studio ha dimostrato quanto diverso sia l’effetto dei videogiochi anche a seconda dell’età in cui il loro utilizzo diventa più importante.

In particolare è emerso che i bambini di 10 anni che trascorrono molte ore davanti alla tv, sui social network o sui videogiochi, superavano con maggiore difficoltà i test. Presentavano, dunque, un’intelligenza inferiore alla media. Sui 12enni, invece, cambia tutto. A questa età, infatti, i ragazzini inclusi nel 17% di chi trascorre più tempo a giocare davanti a uno schermo, in media hanno un Q.I. maggiore di 2,5 punti rispetto ai due anni precedenti. I social media, invece, non hanno influenzato il cambiamento nel Q.I. dopo due anni. Le molte ore trascorse su Instagram e analoghe piattaforme non hanno aumentato l’intelligenza dei bambini, ma non sono state nemmeno dannose. Infine, guardare la tv e i video online ha mostrato un effetto positivo in una delle analisi, ma nessun effetto quando è stata presa in considerazione l’educazione dei genitori.

Foto | Pixabay | TheXomil

Ciò che lo studio sostiene, quindi, è che i videogiochi abbiano un effetto benefico e causale sull’intelligenza. Un risultato che, si sostiene, si adatta a studi precedenti, più piccoli, in cui i partecipanti erano assegnati in modo casuale a uno specifico gioco in cui cimentarsi o a un gruppo di controllo. Altre linee parallele di studi, infine, suggeriscono che le capacità cognitive non sono fisse, ma possono essere addestrate. Gli stessi autori del paper, però, raccomandano di tenere in considerazione anche altri fattori (aspetti psicologici, salute mentale, qualità del sonno, esercizio fisico). Ma quantomeno l’indicazione conferma come sia solo un luogo comune quello secondo cui questo passatempo rintontisca e basta.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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