ECONOMIA

Netflix è davvero in crisi? Già passata la moda dello streaming?

Netflix non ha mai avuto così tanti abbonati. Eppure il titolo in Borsa è crollato oggi di venti punti percentuali. E la causa, paradossalmente, è stato lo stesso colosso di streaming online che in una nota agli investitori ha “ammesso” le pressioni della sempre crescente concorrenza. Concorrenza che, si legge, “potrebbe avere qualche impatto sulla nostra crescita marginale”.

Per la prima volta, dunque, la più grande piattaforma di film e serie tv in streaming, reduce da un anno d’oro in termini di contenuti (basti pensare al fenomeno Squid Game), segna una battuta d’arresto. Perché quella frase del comunicato ha subito messo in allarme gli azionisti, facendo ballare il prezzo delle azioni a Wall Street.

Mai così tanti abbonati

Titoli che, come dicevamo, nella sessione odierna sono crollati del 20% dopo il resoconto finale dell’azienda. Ma oltre alla contingenza, a preoccupare Netflix è il futuro. Perché l’aumento dei competitor diretti rischia infatti di rallentare la crescita degli abbonati. Che non sono mai stati così tanti: ben 221,8 milioni, con una crescita nel periodo ottobre-dicembre 2021 del 16% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Nel quarto trimestre dell’anno da poco concluso, inoltre, l’azienda prevedeva di “conquistare” altri otto milioni e mezzo di abbonati. I mercati ne stimavano 8,3 milioni e il risultato è di poco inferiore: 8,28 milioni. Ciò che preoccupa maggiormente è però la crescita di gennaio-marzo 2022. Netflix ne stima 2,5 milioni; mentre Wall Street quasi cinque in più, 7,25 milioni. Difficile, quasi impossibile, colmare il gap.

Streaming ed effetto lockdown

Numeri di gran lunga inferiori con lo stesso periodo del 2020, quando nel primo trimestre si erano abbonati alla piattaforma in quattro milioni. La prima ipotesi che affiora è che, forse, si sta esaurendo la moda dello streaming online, che negli ultimi due anni è stato capace perfino di riscrivere i modelli culturali di gran parte dell’Occidente, subendo l’influenza di prodotti cinematografici soprattutto sudcoreani.

Quella più plausibile è che invece – con l’allentarsi delle misure di restrizione per il contrasto al Covid-19 – molti utenti preferiscano tornare ai “vecchi” sistemi di fruizione. Quelli tradizionali (cinema), pre-pandemici, in poche parole. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che il vero boom Netflix lo ha registrato nella primavera del 2020, quando milioni di persone erano confinate in casa per i lockdown.

Ma Netflix è davvero in crisi?

La successiva nascita di nuove piattaforme (o il potenziamento di quelle già esistenti) ha sì influenzato il mercato, aumentando la concorrenza. Intanto, dopo aver ottenuto prestiti per circa 16 miliardi di dollari, il colosso della “N” rossa ha però smesso di chiedere finanziamenti per le sue produzioni originali e ha annunciato un nuovo – il sesto dal 2014 – aumento dei prezzi degli abbonamenti.

Probabilmente, dunque, tutti questi fattori hanno influenzato il crollo in Borsa di oggi del titolo. Da qui a dire che Netflix sia in crisi, però, ne passa. Basti pensare che negli Usa e in Canada ha più di 75 milioni di abbonati e nell’ultimo trimestre del 2021 ha registrato ricavi per 3,3 miliardi di dollari. Fra Europa, Medio Oriente e Africa, invece, gli abbonati sono 74 milioni e i ricavi complessi 2,52 miliardi. Insomma, dov’è la crisi?

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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