Oggi, mercoledì 17 novembre, si celebra la Giornata internazionale del gatto nero. Questa “festa” nasce come tentativo di esorcizzare una delle superstizioni più famose al mondo. E cioè che, se un gatto nero ci attraversa la strada, ci capiterà qualcosa di sfortunato. Una credenza ormai parte della tradizione popolare italiana, come dimostrano le citazioni più o meno ironiche sull’argomento.
Come ad esempio il principe della commedia italiana, Antonio de Curtis, in arte Totò, che in un film del 1963, per enfatizzare il suo essere sfortunato, diceva: “A me i gatti neri mi guardano in cagnesco”. Proprio per “combattere” questa credenza popolare, l’Aidaa, l’Associazione italiana difesa animali ed ambiente, ha lanciato questa ricorrenza, che in pochi anni ha unito numerose associazioni nazionali e internazionali.
Ora, infatti, in tutto il mondo gli animalisti organizzano eventi e manifestazioni che promuovono l’adozione del gatto ed esaltano le peculiarità di questo felino. Ma da dove nasce la superstizione del gatto nero? Quali sono le sue origini? E, soprattutto, il gatto nero è sinonimo di sventura dovunque?
Partiamo da quest’ultima. In realtà, questa superstizione non è condivisa in tutto il mondo. A credere che il micio neromantato porti sfortuna sono infatti gli italiani, gli spagnoli, gli statunitensi e i cinesi; mentre in Scozia, Inghilterra e Giappone il gatto nero è sinonimo di fortuna e prosperità. Tradizionalmente, inoltre, nei Paesi anglosassoni i marinai tenevano questi felini a bordo delle navi come portafortuna.
Anche in Lettonia esiste una credenza radicalmente opposta alla nostra, soprattutto in campo agricolo. Si pensa, infatti, che la nascita di gattini neri porterà ad avere un buon raccolto. Particolare è invece la superstizione tedesca: in Germania si crede che il gatto nero porti iella solo se ci attraversa la strada da destra verso sinistra; al contrario, se la attraversa in senso opposto porterà fortuna.
La superstizione più comune ha invece radici antichissime, che vanno indietro nel tempo fino al Medioevo. Quando cioè ci si spostava a bordo di carrozze trainate da cavalli che, spaventati dal riflesso degli occhi dei gatti neri nel buio o da un loro improvviso passaggio, s’imbizzarrivano e causavano scompiglio fra i viaggiatori.
Da quel momento si è iniziato a pensare che il gatto nero fosse la reincarnazione del demonio. Una credenza avvalorata anche dalle teorie di Papa Gregorio IX, che nel XXIII secolo invitava i fedeli alla caccia di questi mici e a bruciarli perché ritenuti amici fedeli delle streghe.
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