Pesante attacco hacker nei confronti della Siae. A colpire il sito della Società Italiana degli Autori ed Editori è stato un ransomware, che ha sottratto dati per un totale di circa 60 gigabyte. Ma cosa significa questo? E quali sono i rischi che effettivamente si corrono?
La Siae raccoglie e custodisce le proprietà intellettuali di tutti gli artisti del mondo dello spettacolo e della cultura, da quelli discografici a quelli televisivi ed editoriali. In altre parole, ogni volta che un compositore, un autore, uno sceneggiatore produce qualcosa di nuovo e vuole avere la garanzia che non sia usato da terzi, lo deposita presso la società.
L’attacco hacker, del tipo “data breach“, mette in difficoltà proprio questo aspetto. Tra i 60 gigabyte di informazioni sottratte alla Siae, infatti, figura proprio un’ingente quantità di documenti sensibili appartenenti a diversi artisti. Difficile al momento stabilire quanti e quali siano, ma la grande paura dei creativi del mondo dello spettacolo è che possano divenire di dominio pubblico.
I pirati informatici hanno già fatto sapere di essere disposti a non divulgare tali dati, purché sia loro versato un riscatto in bitcoin. Un ricatto a cui, a quanto pare, la Siae non è intenzionata a piegarsi almeno per il momento. In soccorso della società e degli artisti che essa rappresenta sono giunti la Polizia Postale e il Garante della Privacy.
La Siae è “un ente pubblico economico“, dicitura che significa che tra i suoi scopi c’è la tutela di interessi generali garantiti dalla Costituzione. Tra essi figurano la promozione della cultura, la libertà dell’arte, la protezione del lavoro intellettuale. Per questo motivo esiste un sistema di vigilanza nei suoi confronti, ad opera della Presidenza del Consiglio, del Ministero per i Beni culturali, del Ministero dell’Economia e dell’Authority per le Comunicazioni. Ogni anno la società rilascia più di 1,2 milioni di licenze per l’utilizzo di opere da essa tutelate.
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