CRONACA

Scafisti e trafficanti sono sinonimi? No, ma spesso sembra così

Esiste una differenza sostanziale tra i termini “scafisti” e “trafficanti”. Con il primo si indicano le persone che portano a destinazione le imbarcazioni sulle quali si trovano i migranti. Nella maggior parte dei casi non hanno nulla a che fare con chi organizza viaggi in condizioni disumane e sono persino costrette ad assumere un simile incarico. Si tratta quasi sempre di migranti con una storia affine a quella degli sventurati con cui condividono lo spazio sulle imbarcazioni, ma nel corso degli anni sono diventati dei capri espiatori sui quali è fin troppo facile puntare il dito. Come rilevato da vari esperti, l’Italia si è impegnata parecchio a mettere vari scafisti in carcere, in regime ostativo, per dare l’impressione che ci siano stati fatti dei passi avanti significativi nel contrasto al traffico di esseri umani e all’immigrazione irregolare.

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La distinzione tra scafisti e trafficanti

Questo “accanimento” nei confronti degli scafisti ha portato il termine a sembrare quasi un sinonimo di “trafficanti”, quando in realtà la situazione è diversa, almeno nella maggior parte dei casi. È vero che le leggi italiane prevedono delle pene anche per chi effettua il trasporto di migranti irregolari nel territorio della Penisola, tuttavia sono spesso state usate per punire in modo indiscriminato anche chi ha guidato un’imbarcazione per un breve tratto o è stato costretto a obbedire agli ordini dei trafficanti.

Questi ultimi sono i veri responsabili della stragrande maggioranza delle morti in mare, ma rintracciarli e processarli è tutt’altro che facile. Tracciare un profilo di questi contrabbandieri, che sfruttano la disperazione delle persone per guadagnare, è complicato, soprattutto perché hanno dei background molto differenti l’uno dall’altro. Talvolta sono membri di gruppi criminali organizzatissimi, mentre in altre occasioni svolgono il proprio ruolo in modo improvvisato. La maggior parte di loro si limita a condurre i migranti nelle città portuali della Libia, senza rischiare di perdere la vita durante le rischiosissime traversate in mare. È questo il motivo per cui spesso le imbarcazioni che arrivano in Italia sono pilotate dagli stessi migranti. L’assenza di alternative li porta a essere bollati come scafisti e puniti nonostante il loro palese status di vittime.

L’ultimo decreto sui migranti

La confusione che si è venuta a creare negli ultimi anni tra i termini “scafisti” e “trafficanti” si è riflettuta anche sulla recente presentazione del nuovo decreto legge sui migranti, che prevede l’introduzione di una nuova fattispecie di reato per “morte o lesioni gravi in conseguenza di traffico di clandestini”, con punizioni da 10 a 30 anni di carcere per i responsabili.

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Parlando della decisione, la premier Giorgia Meloni ha definito gli scafisti membri di “organizzazioni criminali” responsabili di naufragi come quello avvenuto al largo di Cutro. In realtà, come abbiamo visto, ciò è vero solo in una ridottissima percentuale dei casi, dunque è molto probabile che il nuovo decreto finirà per punire anche chi è stato costretto a guidare una delle imbarcazioni.

Alessandro Bolzani

Cresciuto a pane e libri, nutro da sempre una profonda passione per la scrittura e il mondo dei media. Dal 2018 sono redattore (o copywriter, come dicono quelli bravi) per alcuni grandi editori italiani occupandomi principalmente di salute e benessere, scienze e tecnologia. Nel 2019 ho debuttato come autore con il romanzo urban fantasy "I guardiani dei parchi", edito da Genesis Publishing.

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