E’ probabilmente la giornata più importante dalla fine del lockdown. Forse, per tutto il significato che ha, è la più importante da quell’8 marzo fatto di paura e chiusura, di solitudine e noia, di tricolori e inni, di drammatiche morti e timidi “Andrà tutto bene”.
E’ la stessa frase pronunciata dalla ministra all’Istruzione, Lucia Azzolina, per riaprire i battenti delle scuole. Quel famigerato suono della campanella che in cuor nostro tutti noi attendevamo quasi a voler simboleggiare la fine di un incubo, più che l’inizio di una nuova stagione.
Tante, tantissime, sono le incognite in una giornata che riaccoglie milioni di studenti, grandi e piccoli, nelle aule; fra le inevitabili polemiche, i casi critici, che indubbiamente vi saranno, e le disparità cui sicuramente assisteremo fra i vari istituti.
Eppure è un giorno in cui l’Italia si ritrova, in cui le strade cittadine tornano a riempirsi di genitori che si affrettano ad accompagnare i propri figli e poi andare al lavoro (foss’anche in smart working, oggi ha poca importanza). E’ la routine che attendevamo, quella che ci è mancata dopo averla bistrattata ogni giorno. D’altra parte, erano e torneranno a essere routine anche quelle puntuali lamentele.
Oggi tifiamo tutti per loro: alunni, docenti, presidi, personale scolastico. Oggi sono loro a trascinarci fuori dalla palude della paura. Oggi sarebbe bello lasciar fuori dalla porta del Paese lo scontro politico e concentrarci tutti sulla voglia che abbiamo di ricominciare a Vivere.
E quella campanella che da sempre significa la fine dell’estate e che noi tutti abbiamo odiato, oggi, ha un suono un po’ più dolce. Quello della normalità.
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