
Un drone | Pixabay @Pexels - Newsby.it
Milano, 30 maggio – La Procura di Milano sta valutando l’ipotesi di “falsi allarmi” riguardo alle radiofrequenze inizialmente attribuite a droni di presunta fabbricazione russa sopra il centro di ricerca Jrc. Un’indagine interna suggerisce interferenze da apparecchi interni, mentre il portavoce della Commissione europea ha escluso violazioni della no-fly zone
Un’indagine della Procura di Milano sta mettendo in discussione la presunta attività di spionaggio attribuita a un drone di origine russa, segnalato sopra il centro di ricerca della Commissione europea a Ispra. Secondo i magistrati, potrebbero trattarsi di falsi allarmi generati da interferenze elettromagnetiche, sollevando interrogativi sulla sicurezza dei siti strategici.
La vicenda del presunto drone
La questione è emersa a fine marzo, quando sono state registrate anomalie nelle radiofrequenze, inizialmente interpretate come segni del passaggio di un drone. Questo presunto velivolo sarebbe transitato per sei volte nel mese di marzo sopra il sito comune della Commissione europea, situato sulle sponde del lago Maggiore. Tuttavia, un’indagine interna del centro JRC ha sollevato dubbi, suggerendo che il captatore potrebbe aver registrato interferenze non correlate a un drone, ma piuttosto a apparecchiature interne come sensori antincendio.
Le indagini in corso
Le indagini sono coordinate dal procuratore Marcello Viola, con l’assistenza del pm Alessandro Gobbis e dell’aggiunto Eugenio Fusco. Al momento, non è stata redatta una relazione conclusiva. Il fascicolo è stato aperto inizialmente per valutare l’ipotesi di spionaggio politico o militare, aggravato da finalità di terrorismo. Tuttavia, la teoria dei falsi allarmi emerge come una spiegazione sempre più rilevante, in particolare dopo che il portavoce della Commissione europea, Thomas Regnier, ha affermato che non sono state rilevate violazioni della no-fly zone né minacce alla sicurezza.
La necessità di ulteriori accertamenti
Le indagini hanno evidenziato la necessità di ulteriori accertamenti per determinare la verità dietro ai segnali captati. Questo caso si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione verso le attività di sorveglianza e spionaggio, in particolare nei luoghi sensibili come quelli gestiti dalla Commissione europea. La situazione pone interrogativi non solo sulla sicurezza dei siti strategici, ma anche sulle potenziali vulnerabilità tecniche che possono generare allarmismi infondati.
Mentre la Procura continua a lavorare su questo caso, emerge l’importanza di una gestione adeguata delle informazioni per evitare di incorrere in false interpretazioni che possono avere ripercussioni significative sulla percezione della sicurezza nazionale e internazionale.