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Detenuti picchiati in carcere: la garante visita gli agenti arrestati

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Sono stata nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, all’interno del quale sono rinchiusi gli agenti della polizia penitenziaria che hanno partecipato alla mattanza del 6 aprile 2020. È un carcere in cui ci sono la sala pittura, la sala ceramica, la palestra. Si fanno tantissime attività. Peraltro in regime aperto, cosa ben diversa dall’istituto dei detenuti che hanno subito i pestaggi“. Così la garante dei detenuti di Caserta, Emanuela Belcuore.

Come è nata la mattanza di Santa Maria Capua Vetere

La garante ha descritto sia le condizioni degli agenti in stato di detenzione a Santa Maria Capua Vetere, che il loro stato d’animo. “Ovviamente si tratta di una struttura che non ha nulla a che vedere con l’istituto Francesco Uccella – ha ulteriormente chiarito –. Tra l’altro gli agenti sono in regime aperto, mentre i detenuti che hanno subito la mattanza si trovano ancora all’interno di reparti in regime chiuso. Gli agenti li ho trovati a passeggio e sono molto provati. Ci hanno tenuto a sottolineare che sono stati solo gli esecutori materiali“.

Gli agenti hanno raccontato a Belcuore in che modo si è giunti al pestaggio dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere: “Uno in particolare mi diceva che si trovava a casa con la famiglia, quando lo hanno richiamato in servizio urgentemente. L’altro invece diceva che erano vent’anni che non entrava in reparto, ma era preposto ad altro. Quindi li hanno armati con manganelli, caschi e protezione, poi li hanno divisi con i caschi blu di Secondigliano e altri istituti penitenziari dell’avellinese. Quindi li hanno mandati in reparto a fare una perquisizione straordinaria“.

Da agenti a detenuti in carcere: la loro vicenda

Sin da subito è apparso chiaro che qualcosa non andava: “Io ho chiesto se quella fosse una perquisizione straordinaria – ha ammesso la garante dei detenuti –. In effetti anche loro hanno riconosciuto che quella poi non è stata una perquisizione straordinaria. Hanno chiesto loro di cercare dell’olio bollente, mazze di legno, spranghe di ferro. Ma l’olio era difficoltoso, solamente per una questione di costo della materia prima“.

Gli agenti, non abituati al ruolo di detenuti, mi sono sembrati molto impauriti. Insistono sul fatto di aver solo eseguito un ordine e di non essere stati in grado di ribellarsi“, ha concluso Emanuela Belcuore.

Luca Leva

Napoletano classe 1989. Giornalista, videoreporter e fotografo. Corrispondente da Napoli in funzione di videogiornalista per importanti editori nazionali, mi occupo principalmente di cronaca e politica. Faccio parte del collettivo di fotogiornalisti Buenavista photo.

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