
Alberto Stasi | Instagram @redazioneiene - alanews
La Procura di Milano ha presentato ricorso in Cassazione per annullare la decisione del Tribunale di sorveglianza che ha concesso la semilibertà ad Alberto Stasi. Il contenzioso è sorto a causa della sua intervista a Le Iene durante un permesso di ricongiungimento familiare
La Procura generale di Milano ha presentato ricorso in Cassazione per chiedere la revoca del provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza ha recentemente concesso la semilibertà ad Alberto Stasi. Condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, Stasi sta attualmente scontando l’ultima parte della pena, e la misura alternativa gli era stata accordata nelle scorse settimane.
L’intervista alle Iene al centro del ricorso
Alla base dell’impugnazione, secondo quanto riportato dall’ANSA, c’è un episodio che per la Procura avrebbe dovuto incidere sulla valutazione dei giudici: l’ex studente della Bocconi, durante un permesso concesso per motivi di ricongiungimento familiare, ha rilasciato un’intervista alla trasmissione televisiva Le Iene senza aver prima ottenuto la necessaria autorizzazione da parte delle autorità competenti.
La posizione del Procuratore generale
Per il Procuratore generale, questo comportamento configura una violazione non trascurabile del regime carcerario e avrebbe dovuto condurre a una diversa valutazione della condotta complessiva di Stasi. La mancata autorizzazione è ritenuta un elemento rilevante, anche in considerazione della risonanza mediatica del caso e della delicatezza della posizione del detenuto.
Verso una nuova valutazione in Cassazione
Con il ricorso depositato in Cassazione, la Procura chiede ora che la decisione sulla semilibertà venga rivista alla luce di questi elementi. Sarà dunque la Suprema Corte a dover stabilire se l’intervista concessa senza il permesso costituisca un’infrazione tale da giustificare la revoca del beneficio o se la misura possa essere comunque mantenuta. Il caso, già segnato da anni di attenzione pubblica e giudiziaria, continua così a suscitare dibattito anche nella fase finale dell’esecuzione della pena.
Il regime di semilibertà
L’11 aprile 2025, Alberto Stasi ha ottenuto un ulteriore passo verso la libertà: dopo aver avuto nel 2023 l’autorizzazione al “lavoro esterno” — che gli consente di uscire quotidianamente dal carcere per lavorare come contabile in un’azienda di Milano — gli è stato concesso anche il “regime di semilibertà”. Dal 28 aprile, data in cui il provvedimento è diventato esecutivo, Stasi può lasciare l’istituto penitenziario ogni mattina a un orario prestabilito e farvi ritorno dopo cena, rimanendo così fuori per oltre dodici ore al giorno. Non è vincolato esclusivamente all’attività lavorativa, ma può gestire parte della giornata in autonomia, secondo quanto previsto dal regime stesso.
Il nodo dell’intervista e l’opposizione della Procura generale
Già in fase di udienza, il 9 aprile, la Procura generale, guidata da Francesca Nanni e rappresentata dalla sostituta procuratrice Valeria Marino, aveva espresso parere contrario alla concessione della semilibertà. L’elemento ritenuto problematico è stato un episodio avvenuto il 22 marzo: durante un permesso premio per motivi familiari, Stasi ha partecipato a un’intervista con la trasmissione Le Iene senza aver richiesto l’autorizzazione al magistrato di Sorveglianza, come richiesto dalle norme.
La posizione del carcere e dei giudici di Sorveglianza
Nel corso del procedimento, però, il direttore del carcere di Bollate, Giorgio Leggieri, ha specificato che l’intervista è stata effettivamente registrata durante un permesso premio regolarmente autorizzato e che non sono state riscontrate infrazioni alle prescrizioni previste. Anche i giudici del Tribunale di Sorveglianza — tra cui Caffarena e Gentile, insieme a due esperti — hanno accolto la tesi della difesa, ritenendo che l’episodio non costituisse una violazione tale da impedire la concessione del beneficio.
Le valutazioni sulla condotta e la prospettiva futura
Nel loro provvedimento, i giudici hanno richiamato le relazioni positive fornite dall’equipe carceraria e sottolineato che Stasi, sebbene continui a proclamarsi innocente, ha tenuto una condotta coerente con l’accettazione della condanna. Hanno inoltre evidenziato come il detenuto abbia mostrato empatia e sofferenza nei confronti della vittima, elementi considerati fondamentali per valutare l’idoneità alla misura alternativa. Stasi, oggi 41enne, è in carcere da dieci anni in seguito alla condanna definitiva pronunciata nel 2015.