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È mattina presto quando Giuseppe del Geb cafè di Milano nel quartiere Isola riapre ai clienti il suo bar in questa nuova fase del Coronavirus: “È stata un’astinenza forzata. Forse adesso ricominciamo un po’ a vivere, anche perché questo lavoro è più uno stile di vita e togliendolo così è stata una sofferenza in tutti i sensi: economica e non. Ora sono comunque ottimista: mi auguro che come forzatamente si sono arrogati il diritto di imporci questa chiusura, secondo me comporterebbe dei doveri in una situazione normale”. Le prospettive ora sono positive: “Siamo carichi, anche troppo forse. Dopo mesi di privazioni forzate torno alla normalità con molta fiducia. Speriamo di potere fare parecchi caffè e cappuccini. Mi auguro che possano riaprire anche gli altri, anche se si mormora che tanti non riapriranno“. Anche per i clienti c’è molta soddisfazione: “Questo primo caffè ha il sapore di libertà”, dice un signore. “Sono stati due mesi e mezzo terrificanti. Ora apprezzeremo di più la vita sicuramente. Futuro migliore? C’è già e andrà sempre meglio, perché tutto questo ci ha fortificato e ci renderà ancora più forti”.
“È il caffè più buono che io abbia mai bevuto”, racconta una signora seduta al bar, che nella stessa mattina andrà anche dal parrucchiere e riaprirà il suo negozio di abbigliamento in questa nuova fase del Coronavirus. “È una mattina di ripartenza, spero che questo incubo sia davvero finito”. Giuseppe è anche tranquillo per la correttezza delle misure di sicurezza adottate: “Inizialmente erano troppo stringenti e impossibili da rispettare, ora invece le hanno semplificate e sono tollerabili. Secondo me penalizzano invece i ristoranti. È comunque una privazione, ma sicuramente dovremo gestire la seduta del cliente con buon senso e facciamo affidamento anche sul buon senso della clientela. Buon senso anche sui controlli? Io credo che a livello globale chi veste una divisa in questo momento li ho visti stanchi di privarci della maniera di lavorare in una maniera decente”.
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