Riuscire a resistere 30 giorni senza smartphone, cos’è la “modalità monaco” e in cosa consiste

In alcuni casi, la dipendenza dal cellulare diventa tanto lampante da indurci a pensare: e se staccassi per un po’? Ecco la #monkmode

Monk Mode, la modalità monaco | @pixaby
Newsby Federica Cirone 16 Ottobre 2023

La dipendenza da smartphone è un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante nella società moderna. Questi dispositivi, che originariamente dovevano facilitare la comunicazione e migliorare la produttività, possono facilmente diventare una fonte di dipendenza. Le persone spesso trovano difficile staccarsi dai loro smartphone, passando ore a navigare sui social media, a giocare o a consumare contenuti digitali. Si tratta di un comportamento che può avere un impatto negativo sulla salute mentale, interferendo con le relazioni interpersonali, causando ansia e riducendo la qualità del sonno. La dipendenza da smartphone richiede una crescente consapevolezza e un equilibrio tra l’uso dei dispositivi digitali e la vita reale, al fine di preservare il benessere individuale e mantenere una una connessione autentica con il mondo che ci circonda.

Inoltre, lo smartphone può costituire un ostacolo significativo per i rapporti interpersonali, erigendo una barriera palpabile tra le persone coinvolte in una conversazione. Il comportamento di ignorare deliberatamente qualcuno  in favore dello schermo del cellulare rappresenta molto più di una semplice mancanza di attenzione; ciò che si cela dietro questa azione è un fenomeno noto come “phubbing“, neologismo inglese che deriva da “snubbing”, ossia “snobbare”, e “phone” che significa “telefono”. Questo atteggiamento può portare a trascurare completamente l’interlocutore reale durante una conversazione, concentrandosi in modo ossessivo sul proprio dispositivo digitale, anche quando non vi è alcuna necessità immediata.

Insomma, nel mondo 2.0, avere un cellulare a portata di mano implica dimenticarsi completamente del resto, focalizzando la propria attenzione solo sul dispositivo mobile. Ma ci sarà il modo per evitare di cadere in tentazione? Forse si, con la modalità monaco. Scopriamo di cosa si tratta!

Cos’è la #monkmode

Sembra paradossale, ma tutto ha origine da un trend spopolato su TikTok, dove ormai impazza l’hastag #monkmode. In particolare, la cosiddetta “modalità monaco”, prende ispirazione dall’ascesi praticata dai monaci tibetani ed è un metodo volto a guidare le persone verso una disintossicazione dai telefoni, dai social network e a promuovere uno stile di vita più sano. Questo approccio è particolarmente rilevante considerando la crescente tendenza verso il ritorno a telefoni tradizionali privi di accesso a Internet, e si allinea perfettamente con le proiezioni post Covid che evidenziano un aumento nei casi di disturbi d’ansia e depressione.

La Monk Mode è diventata molto popolare negli Stati Uniti, dove ormai gli utenti si mettono sempre più alla prova, sottoponendosi a un periodo che varia dai 20 ai 90 giorni in cui non devono utilizzare del cellulare: un’opzione che potrebbe sembrare estrema, ma che insegna come, occasionalmente, sia possibile mettere il telefono da parte senza catastrofiche conseguenze. Questo ci offre una preziosa opportunità per recuperare il tempo per noi stessi, ridisegnare la nostra relazione con la tecnologia e riscoprire una vita più equilibrata e centrata su benessere mentale ed emotivo.

La Monk Mode non si limita solamente a enfatizzare la necessità di disintossicarsi dai social media e dai dispositivi elettronici, ma promuove anche pratiche quotidiane libere dalla tecnologia, liberamente ispirate al mondo monastico. Mettere da parte il telefono implica guadagnare tempo per l’entrare in preghiera o meditazione, dedicare almeno mezz’ora al giorno alla lettura, e fare spazio all’esercizio fisico. Questo approccio rappresenta un vero e proprio “detox” completo, in quanto, eliminando le distrazioni, si libera più tempo per definire obiettivi personali e identificare i passi da compiere per raggiungerli. La Monk Mode si configura come un percorso di rinnovamento e autodisciplina, che ci permette di riconnettersi a ritmi di vita più umani e meno digitali.

Cellulare e dipendenza dai social
Cellulare e dipendenza dai social | pixaby

Sul web, si possono trovare numerosi trucchi per obbligare gli utenti a mettere da parte i propri telefoni e dedicarsi ad attività più utili e salutari. È possibile impostare il blocco delle applicazioni (soprattutto per gli adolescenti, ci sono molte opzioni di controllo parentale), e di sera, allontanare il cellulare dalla vista per evitare l’esposizione alle famose luci blu dello schermo, che possono interferire con la qualità del sonno.

Dietro  l’utilizzo dei social media, specialmente quando si tratta di video su piattaforme come TikTok o YouTube Shorts, ci sono complesse tecniche mirate a mantenere gli utenti incollati alle applicazioni, con una diminuzione drastica del livello di attenzione. Pertanto, è essenziale comprendere le radici della dipendenza dai dispositivi e affrontarle in modo da apportare cambiamenti utili alla relazione dell’utente con la tecnologia.

L’applicazione Freedom

Se l’hashtag #monkmode è diventato virale su TikTok, tanto che adesso registra oltre 77 milioni di visualizzazioni, rispetto alle 31 milioni del maggio scorso, è anche grazie a un app pensata esattamente per ridurre la dipendenza da smartphone. Si tratta di Freedom, che conta più di 2,5 milioni di utenti in tutto il mondo, sorella putativa di app come ColdTurkey, FocusMe e Forest. Il funzionamento è molto semplice: l’utente imposta un blocco temporaneo sul suo dispositivo mobile, scegliendone personalmente la durata, con la possibilità di potere cambiare idea in qualsiasi momento, salvo non si opti per la “bloccata” evita il rischio di annullare la “modalità monaco” dal momento che lo stop all’utilizzo del cellulare non può essere annullato fino allo scadere del tempo pianificato. Il successo di app come Freedom e simili si spiega con il fatto che gli utenti le preferiscono rispetto allo spegnere il cellulare o alla più definitiva modalità aereo dato che in questo modo riescono a rimanere comunque contattabili in caso di emergenza.

Fred Stutzman, il creatore di Freedom, ha rivelato come ha avuto ispirazione per il progetto dell’applicazione, raccontando di come l’idea sia nata durante i suoi anni universitari. Durante quel periodo, infatti, si era reso conto di trascorrere più tempo sui social che a lavorare sulla sua tesi di laurea. Questo lo ha spinto a riflettere sull’ironia di “usare la tecnologia per respingere la tecnologia” e ha quindi concepito Freedom, un’applicazione progettata per aiutare le persone a gestire in modo consapevole il tempo trascorso online e a ritrovare la produttività in un mondo sempre più connesso digitalmente. Si tratta di un’illuminazione che dimostra come la consapevolezza del rischio di una “dipendenza tecnologica” possa portare a soluzioni creative e utili per recuperare il controllo sulla propria vita digitale.

I benefici della “modalità monaco” sulla nomofobia

La dipendenza dal cellulare è un problema che coinvolge non solo gli adolescenti, ma praticamente tutti coloro che hanno accesso a un dispositivo mobile. Ma come si fa a riconoscere se si tratta di una vera e propria dipendenza? In alcuni casi, questo stato di subordinazione al proprio cellulare viene definito nomofobia, che rappresenta proprio il timore di rimanere senza il proprio telefono, secondo la formula inglese “no-mobile-phone-phobia”. Secondo uno studio commissionato da Italian Tech e Telefono Azzurro a SWG, un’azienda che si occupa di progetta e realizza ricerche di mercato, di opinione, istituzionali, studi di settore, la nomofobia colpirebbe ben 2 italiani su 5, con una particolare incidenza tra i giovani, che si traduce spesso in difficoltà nel costruire amicizie e relazioni significative.

Nomofobia: paura di non avere il cellulare
Nomofobia: paura di non avere il cellulare | @pixaby

Le persone che soffrono di nomofobia tendono a tenere il telefono con sé ovunque vadano, incapaci di separarsene neanche per brevi periodi di tempo. Controllano in modo ossessivo se hanno il telefono a portata di mano, spaventate all’idea di trovarsi in situazioni di difficoltà o pericolo senza la possibilità di richiedere aiuto o di contattare qualcuno. Questa preoccupazione si manifesta attraverso il costante controllo delle notifiche e dei messaggi, oltre alla verifica sistematica della carica della batteria e della disponibilità di una connessione Wi-Fi ovunque ci si trovi. Nei casi più estremi di nomofobia, alcune persone rinunciano a uscire o a partecipare ad attività sociali al fine di trascorrere più tempo con il proprio cellulare. Tutti questi “sintomi” da dipendenza da cellulare devono essere considerati dei veri campanelli di allarme, esortando a riflettere sull’uso eccessivo dei dispositivi mobili e sulla necessità di riequilibrare il rapporto con la tecnologia 2.0.

Impostazioni privacy