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Roma, perché è una finale storica | Mourinho: “Ho pianto”, poi chiede rispetto

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Se ho versato una lacrima? Forse sì, perché ho sentito cosa ha provato questa gente“. Lo ha detto l’allenatore della Roma, José Mourinho, al termine del match con il Leicester che ha sancito la qualificazione dei giallorossi alla finale di Conference League.

Perché la finale di Conference League è così importante

Una finale storica e importantissima, per diversi motivi. Per il calcio italiano, che nel nuovo millennio ha vinto tre volte la Champions League (2003 e 2007, Milan, e 2010 Inter) ma mai si è imposta negli altri tornei. Dopo peraltro aver vinto 7 volte su 10 la Coppa Uefa negli anni ’90, con 4 finali tutte italiane. Il tutto però si è improvvisamente arrestato nel 1999. Il traguardo è però storico anche per la stessa Roma, alla prima finale europea dal 1991. Un’attesa di ben 31 anni, rispetto ai tempi in cui in campo scendevano il “Principe” Giannini, Bruno Conti, Sebino Nela, Carboni, Rudi Völler, Carnevale, Rizzitelli e Aldair. Un’altra vita.

Un romanista pazzo che ho avuto a fianco nella mia carriera, l’ho sentito ogni giorno, e mi ha fatto capire bene il significato di questo club per la gente“, ha spiegato Mourinho. Che poi è tornato sulla sua Roma: “Un club gigante, che non ha avuto grandi successi. Questa è una finale che significa molto per questo popolo, ho sentito quello che hanno provato e queste sono le mie emozioni. Vediamo se riusciamo a vincere questa finale, sarebbe ottimo. Posso dire che in ogni club ho raggiunto almeno una finale“.

Roma, Mourinho e il “rispetto del calcio italiano”: la richiesta

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Mourinho si è poi soffermato sulla vittoria contro il Leicester. “Questa partita è stata vinta da tutti, dalla famiglia. Per questa ragione la mia emozione è così tanta – ha evidenziato –. Ho avuto la fortuna di giocare finali più importanti e prestigiose, ma il senso di gioia incredibile di tutti mi ha fatto sentire speciale. Questo senso di famiglia mi ha fatto emozionare. Con gli anni uno diventa meno egocentrico e più papà del gruppo. Sono molto contento per tutti loro. Ricorderò per sempre la gente per strada, le donne ai balconi o i ragazzini per strada. Questo per me significa tanto. Roma è una città giallorossa. E sicuramente oggi e domani si vedrà per strada questa gioia. Io ho dato il mio piccolo contributo per questa gioia e sono felice“.

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Ora però la Roma attende l’atto finale della Conference League. E qui Mourinho è tornato a indossare i suoi panni più consueti, mandando un messaggio al sistema: “Il primo modo di preparare la finale è avere il rispetto del calcio italiano e farci giocare l’ultima partita di venerdì. Il Feyenoord farà lo stesso. E penso che noi in rappresentanza del calcio italiano meritiamo questa possibilità, così da preparare la sfida con qualche giorno in più e al meglio possibile. Penso sia positivo che abbiamo tre partite di Serie A da giocare. Perché abbiamo l’obiettivo di arrivare in Europa dal campionato. Se lo facciamo, arriviamo alla finale con uno spirito diverso“.

Roma, la vittoria vista dai giocatori e dagli avversari

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Uno dei simboli della Roma che torna a sorridere in Europa è il difensore Gianluca Mancini. “L’abbiamo vinta, era importante questo – ha sottolineato il giallorosso –. Dopo il risultato dell’andata, era importante vincere e stavolta abbiamo sofferto meno. Siamo stati più compatti e abbiamo pressato di più. Poi è normale che la squadra in svantaggio spinga. Ci siamo abbassati, ma non ci sono stati grossi pericoli. Una finale meritata. È una vittoria di tutti. Noi giocatori andiamo in campo, il mister ci dice cosa fare. Ma la vittoria è dello staff, siamo davvero una famiglia. Il mister è un capobranco, tira fuori il meglio di noi. Ci tiene svegli e attenti e come un buon padre di famiglia ci sgrida e ci dice le cose in faccia, qualcosa di positivo“.

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Grande delusione, infine, sponda Leicester. Ma anche rispetto verso i vincitori della partita dell’Olimpico. “Complimenti alla Roma che si è qualificata per la finale. È chiaro che siamo molto delusi, nessuna delle due squadre ha creato tanto. Avremmo dovuto imporre il nostro gioco, abbiamo inserito novità nella ripresa. I ragazzi hanno dato tutto“. Questa la lettura dell’allenatore del Leicester, Brendan Rodgers.

Andrea Corti

Nato a Roma nel 1978, dopo essersi dedicato al giornalismo scritto e ad aver pubblicato alcune biografie di personaggi dello sport come Zeman e Zanardi, ormai da anni è ‘sul campo’ con la telecamera in una mano e il microfono nell'altra. Dalle partite di calcio alle consultazioni per la formazione del governo, sempre con passione ed entusiasmo.

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