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SCIENZE

Il caffè perfetto esiste: lo dimostra un modello matematico inglese

Ultim’ora per gli amanti dell’espresso: il caffè perfetto esiste!

Una ricerca condotta in Inghilterra ha, infatti, permesso di mettere in correlazione tra loro diversi aspetti che contraddistinguono una delle bevande più amate al Mondo, mettendo a punto un modello matematico utile a creare il caffè ideale.

Non ci credete? Vi spieghiamo tutto nelle prossime righe.

Lo studio dell’Università di Huddersfield

A compiere lo studio in questione sono stati alcuni scienziati dell’Università di Huddersfield, nel cuore dell’Inghilterra, i quali hanno provato a scovare quale sia il segreto per ottenere il caffè perfetto.

Una ricerca riportata sulla rivista Physics of Fluids, nell’articolo dal titolo “Uneven extraction in coffee brewing” e a cura di William Lee, Ann Smith e Arsalaan Arshad.

Molto dipenderebbe dalla compattezza della polvere, decisiva nel conferire un diverso aroma e gusto ai chicchi scelti, come dimostrato dai tre studiosi.

È grazie a una correlazione tra questi diversi elementi che si può raggiungere, infatti, la ricetta perfetta, andando così a creare il caffè ideale. Quello che, secondo i diversi parametri, può essere considerato il più vicino alla perfezione.

Foto | Pexels @AndrewNeel

Merito della matematica

Per individuare il mix ottimale, il team dell’Università di Huddersfield si è servito di un modello matematico.

Esatto, avete capito bene. Il caffè perfetto è una questione di matematica.

Basandosi su una scoperta risalente al 2020 e secondo la quale i chicchi di caffè macinati più finemente sono associati a un gusto meno intenso, gli scienziati dell’università inglese hanno operato il proprio studio dividendo la polvere di caffè in base alla consistenza ottenuta dalla macinazione.

Un metodo di lavoro che ha permesso loro di notare che l’acqua scorreva più rapidamente nella miscela più compatta, dove il caffè perdeva tra il 20% e il 25% della propria massa durante il passaggio dell’acqua, risultando più blando.

Discorso opposto, invece, per la miscela meno compatta. In questo caso il passaggio dell’acqua calda è risultato più duraturo e l’aroma del caffè più intenso.

Foto | Pexels @JasonVillanueva

I commenti

A provare a spiegare lo studio effettuato è stato il responsabile della ricerca, William Lee, il quale ha parlato del modello utilizzato:

“Il nostro modello mostra che il flusso e l’estrazione dell’aroma tendono ad ampliare la disparità che dipende dalla compattezza della polvere. Si tratta di un circolo virtuoso, perché il flusso maggiore causa una maggiore estrazione, la quale di conseguenza riduce la resistenza e porta a un flusso più intenso”.

Stando a quanto spiegato da Lee, il gusto finale del caffè che viene versato in una tazzina dipende, quindi, direttamente dal livello di estrazione dell’aroma.

Questo effetto persiste, infatti, fino al raggiungimento del punto in cui la miscela non perde completamente la percentuale di sostanze solubile presenti al suo interno, come ribadito sempre da Lee:

“Bilanciare la compattezza della polvere è fondamentale per ottenere una bevanda dal gusto deciso ma non troppo forte”.

Stando allo scienziato dell’Università di Huddersfield, questa scoperta potrebbe sicuramente aiutare a creare miscele sempre migliori in futuro:

“Comprendere l’origine del sapore del caffè potrebbe favorire lo sviluppo di miscele più apprezzate e risparmi finanziari significativi. Grazie a questi dati, in effetti, potremmo rendere più efficiente l’uso del caffè. Nei prossimi step cercheremo di ottenere un modello più realistico che potrebbe aiutarci a individuare possibili modifiche al modo in cui viene preparato il caffè espresso”.

Agli amanti del caffè non resta, dunque, che attendere e vedere in che modo la scienza riuscirà a valorizzare questo prodotto unico.

Marco Garghentino

Brianzolo dal 1996, ho sempre pensato che la comunicazione sia la principale arte che l’uomo ha sviluppato nei secoli. Amo lo sport, conoscere il Mondo ed essere informato. Ogni vita ha una storia e spesso vale la pena raccontarla.

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