Un metro in Italia, lo stesso in Francia e Spagna, un metro e mezzo in Germania, due metri in Corea del Sud, 6 piedi nei Paesi anglosassoni (ossia circa 1,80 metri). Il distanziamento sociale necessario per preservarsi dal contagio da Coronavirus sta dividendo esperti e soprattutto opinione pubblica in questi mesi tumultuosi. Ma anche le differenze di cautela ordinate nei più disparati angoli del mondo hanno inevitabilmente generato una domanda: qual è la giusta distanza a cui stare per essere sicuri? Nel frattempo è arrivata una risposta.
A darla è una revisione di articoli scientifici pubblicata sul ‘British Medical Journal’, dove di fatto si dà ragione e torto a tutti. Perché sono le diverse circostanze a definire la giusta distanza. Secondo lo studio degli esperti, infatti, il distanziamento sociale che ogni singola nazione ha ordinato per i suoi cittadini rappresenta “una semplificazione eccessiva, basata su scienza ed esperienze obsolete di virus passati“.
In Italia, per esempio, il distanziamento sociale di un metro si basa sulla distanza sicura per difendersi dall’emissione di goccioline pesanti (“droplets“) da parte di una persona che non porta la mascherina. Gli scienziati del ‘BMJ’, però, evidenziano che nella vita di ogni giorno non ci si possa basare su quest’unico parametro. La quotidianità non può infatti basarsi su calcoli “standard”, e per contrastare il Coronavirus occorrono almeno altri quattro fattori.
Si tratta della trasmissione “aerea” (di goccioline più piccole) ormai provata, del tempo di permanenza in un ambiente, del grado di affollamento dell’ambiente in cui ci si trova e della ventilazione. Che può essere condizionata, forzata, manuale. E tutto questo cambia nel contrasto al Coronavirus e quindi nel distanziamento sociale da adottare.
Le gocce più leggere (“aerosol“), per esempio, possono volare sospinte dall’aria fino a 6-8 metri di fronte a un evento “esplosivo” come uno starnuto. In questo caso, quindi, anche i due metri di distanziamento sociale non sarebbero sufficienti a contrastare la diffusione del Coronavirus.
Il ‘BMJ’ ha quindi messo a punto una tabella, schematizzata e di facile lettura, che riassume quale distanziamento sociale sia utile nelle varie situazioni della quotidianità per difendersi dal Contagio da Coronavirus. I fattori analizzati sono diversi e spaziano da ambienti “poco occupati” a “molto occupati”. Questi a propria volta sono suddivisi in “aperti e ben ventilati”, “chiusi e ben ventilati”, “chiusi e poco ventilati”. Cambiano anche le attività svolte dalle persone, a seconda del fatto che siano “in silenzio” o che stiano “parlando” o “gridando/cantando”.
Ecco dunque lo studio dell’autorevole ‘British Medical Journal’, che riassume le diverse situazioni che possano indurci a optare per un certo distanziamento sociale piuttosto che un altro. Con la speranza, in questo modo, di arginare per davvero un Coronavirus che continua ad essere una minaccia molto severa sulle nostre vite.
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