SALUTE

Dalla liquirizia una possibile nuova arma contro il coronavirus

Dalla liquirizia arriva una possibile nuova arma contro il coronavirus SarS-CoV-2. La glicirizzina, il principale costituente della liquirizia, secondo quanto emerso da uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli in collaborazione con l’Università di Perugia, avrebbe la capacità di interferire con il meccanismo d’ingresso del SARS-CoV-2 nelle cellule bersaglio umane.
A rimarcare la potenzialità della liquirizia e in particolare dell’acido glicirrizzico contenuto al suo interno contro il nuovo virus è Desiderio Passali, past president Italian Society of Rhinology, all’Adnkronos Salute.

Passali: “La glicirizzina ostacola ingresso del virus”

“L’urgenza di trovare molecole che possano contrastare l’insorgenza di Covid-19, nell’attesa che sia pronto un vaccino efficace, ha fatto sì che l’attenzione della scienza si sia rivolta anche a tutte quelle molecole che hanno un potenziale farmacologico contro il Sars-Cov-2, che sono sicure in termini di effetti avversi e che possono quindi rappresentare validi presidi di profilassi”, ha dichiarato Passali, citando lo studio condotto dall’ateo campano: “Un recente studio condotto dall’Università di Napoli ha confermato quanto già diversi studi internazionali avevano evidenziato, e cioè che la glicirizzina, il principale costituente della liquirizia, ha la capacità di ostacolare l’ingresso all’interno delle cellule umane”. Nello specifico, sarebbe in grado, in vitro, di legarsi sia al recettore Ace delle cellule umane che alla proteina Spike del virus, “rispettivamente la serratura e la chiave di accesso del virus all’interno delle cellule dell’organismo umano”, ostacolando l’interazione tra queste due componenti.

Le sostanze in grado di interferire con il meccanismo d’ingresso del coronavirus

L’acido glicirrizzico è solo delle sostanze endogene, identificate dal team di ricercatori italiani, che sarebbero in grado interferire nel legame del RBD di Spike con il recettore ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2). Tra queste sostante, descritte nel dettaglio su bioRxiv, un sito che traccia gli articoli scientifici prima della pubblicazione, gli acidi biliari primari, ovvero quelli generati nel fegato, sarebbero in grado di legarsi, anche se con bassa efficienza, all’RBD di Spike, mentre gli acidi biliari usati in terapia e loro metaboliti agirebbero inibendo il legame tra RBD di Spike ed ACE2 di circa il 50%. Anche gli acidi biliari semisintetici sembrano possedere tale capacità. Quanto agli acidi biliari endogeni, tra cui rientra anche l’acido glicirrizzico, insieme con l’acido betulinico e l’acido oleanolico, dallo studio è emerso che sarebbero in grado di legare l’RBD di Spike e di ridurre, seppur moderatamente, il legame con ACE2.

Jennifer Caspani

Comasca, poco più che 20enne, dal 2018 scrivo per alcuni grandi editori italiani occupandomi principalmente di salute e benessere, scienze e tecnologia. L’empatia è il mio punto di forza, soprattutto se si tratta di comprendere le emozioni delle persone più introverse, ancor meglio se hanno quattro zampe, una coda scodinzolante e tanta voglia di rincorrere un bastone.

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