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Cos’è il bisfenolo A, la sostanza che preoccupa l’Efsa

È di oggi l’ultima pubblicazione dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) riguardante la pericolosità del bisfenolo A, una sostanza chimica che, se ingerita, potrebbe causare diversi problemi all’organismo di persone di ogni fascia d’età. È da diversi anni, però, che questa sostanza richiama l’attenzione degli esperti: negli anni ’90 venne ipotizzato per la prima volta che il bisfenolo A potesse avere effetti dannosi per la salute visto, soprattutto, il suo utilizzo in campo alimentare, come ad esempio nella produzione di biberon e vaschette per la conservazione del cibo, e la sua capacità di migrare nei cibi e nelle bevande. Dal 2006, invece, l’Efsa ha iniziato a valutarne la sicurezza periodicamente e nel 2015 è stato condotto uno studio che ha mostrato i danni effettivi che questa sostanza può causare alle persone se ingerita, portando l’UE a classificarla come “candidata alla sostituzionenel 2017 e a vietarne l’utilizzo nei biberon e in altri contenitori di alimenti per bambini di età inferiore ai 3 anni nel 2018.

Che cos’è e dove si trova il bisfenolo A?

Immagine | Pixabay @AlbanyColley

Il bisfenolo A (BPA) è una sostanza chimica usata prevalentemente, come detto in precedenza, insieme ad altre sostanze per la produzione di alcune plastiche e resine, soprattutto contenitori di cibi e bevande. Secondo quanto si può trovare scritto sul sito dell’Efsa, il BPA è usato, ad esempio, nel policarbonato, un tipo di plastica largamente utilizzato, ad esempio, per la realizzazione di bottiglie riutilizzabili per le bevande, del rivestimento delle lattine e degli erogatori dell’acqua.

Sostanze chimiche come il BPA, però, hanno la capacità di migrare in minime quantità negli alimenti e nelle bevande che sono contenuti al loro interno, motivo per il quale gli esperti dell’Efsa la tengono sotto controllo da anni.

I risultati evidenziati dal nuovo studio

Claude Lambré, la presidente del gruppo di esperti Efsa sui materiali a contatto con gli alimenti, dopo aver visionato i risultati emersi negli ultimi studi, ha commentato: “Abbiamo osservato nella milza un aumento della percentuale dei linfociti del tipo T helper”, aggiungendo che questo: “potrebbe portare allo sviluppo di infiammazione allergica polmonare e malattie autoimmuni”.

Per questi motivi l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha stabilito il nuovo limite giornaliero tollerabile (ovvero la quantità di sostanza che può essere ingerita ogni giorno per tutta la vita evitando la possibilità di avere rischi per la salute nel lungo periodo) abbassandolo di circa 20mila volte, portandolo esattamente dai precedenti 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo), agli attuali 0,2 nanogrammi (2 miliardesimi di grammo).

Federico Liberi

Sono laureato in Psicologia dei processi sociali all’Università di Roma “La Sapienza”. La mia più grande passione insieme alla scrittura è il calcio, ma mi piace rimanere informato sullo sport a 360 gradi oltre che sull’attualità e la politica. Nel 2020 è stato pubblicato su Amazon un mio saggio sulla Programmazione Neuro-Linguistica.

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