Cappato: “È vero che in passato in Toscana è già stata aiutata una persona a morire, ma ciò non significa che non serva una legge”
Stamattina l’associazione Luca Coscioni ha portato in Regione Toscana le 10 mila firme per la proposta di legge regionale di iniziativa popolare per regolamentare i tempi di verifica delle condizioni e delle modalità per accedere all’aiuto medico alla morte volontaria. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione: “Diecimila persone in Toscana danno l’opportunità alla Regione di approvare delle buone regole per dare tempi certi di risposta a chi è affetto da sofferenze insopportabili e chiede di poter morire senza soffrire. Questo è un diritto che abbiamo strappato con la Corte Costituzionale e la disobbedienza civile con Dj Fabo. Per essere attuato ha bisogno dell’intervento del servizio sanitario regionale. Chiediamo che entro 20 giorni il servizio sanitario verifichi le condizioni della persona e decida se può essere aiutata a terminare la propria vita. È un’occasione per la Toscana di dare risposte alle persone che soffrono. L’augurio è che i consiglieri regionali e il presidente Giani vogliano approfittare di questa occasione per non voltare la testa dall’altra parte”.
“È vero che in passato in Toscana è già stata aiutata una persona a morire, ma ciò non significa che non serva una legge”, ha osservato Cappato. “La legge serve perché le amministrazioni possono cambiare colore e sensibilità e anche tra una Asl e l’altra può esserci una diversa capacità di rispondere alle richieste. La regione Toscana trovi il tempo di discutere dei diritti e delle libertà individuali. Sarebbe una garanzia per i prossimi anni, perché significherebbe non far dipendere un diritto dalla buona volontà della gestione sanitaria”, ha aggiunto l’attivista.
“La Corte Costituzionale ha già stabilito che se una persona è lucida e consapevole, affetta da patologia irreversibile e sofferenza insopportabile e tenuta in vita da un trattamento sanitario ha il diritto di essere aiutata a morire, se lo vuole. Anche le persone che non rientrano in queste condizioni hanno il diritto che sia verificato in modo tempestivo il loro stato di sofferenza, perché magari si può intervenire con l’assistenza psichiatrica o con le cure palliative”, ha concluso Cappato.
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