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Referendum contro il Jobs Act, la firma di Schlein fa infuriare l’area riformista del PD

È “una firma coerente” dice Elly Schlein. “Già nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18″

Elly Schlein firma contro il Jobs Act, una riforma voluta dal governo Renzi e varata tra il 2014 e il 2016 per aumentare l’occupazione provando a liberalizzare il mercato del lavoro. La mossa della segretaria del Pd ha infastidito l’area riformista dem, che ha dichiarato: “La firma ha infastidito molti. Come la libertà di voto e la mancanza di una linea. E anche il fatto che non se ne discute nelle sedi opportune e che le cose vengono apprese dalle agenzie. Bisognerebbe concentrarsi sul futuro e invece si affronta il passato facendo opposizione alle stesse scelte del Pd in un mondo che è completamente cambiato“.

Schlein afferma: “È una firma coerente”

È “una firma coerente” dice Elly Schlein, ricordando che “già nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18″ e che è più importante concentrarsi sulle battaglie che il Pd sta portando avanti, a partire dal salario minimo e proposta su sanità. Renzi commenta: “Il Pd è finito” e i big pensano al “licenziamento” della Schlein. Stefano Bonaccini invece dichiara: “ciascuno è libero di firmare o meno”. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria da parte della Cgil: come ha chiarito la segretaria Elly Schlein, il partito non si schiera su autonome iniziative di altri, ma si unisce sulle nostre battaglie da portare in Parlamento e davanti ai cittadini”, ha continuato il presidente della regione Emilia-Romagna.

Renzi | ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI – Newsby.it

La segretaria Pd aveva detto ieri: “Firmerò il referendum della Cgil per abrogarlo“, nonostante il malessere dell’ala riformista del partito. “Ho già detto in questi giorni che molti del partito democratico firmeranno, così come altri legittimamente non lo faranno. Io mi metto tra quelli che firmeranno, non potrei far diversamente visto che era un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso ed ero in piazza con la Cgil nel 2015 ed è il secondo referendum che firmo per l’articolo 18“. “Era un punto fondamentale della campagna che abbiamo fatto alle primarie l’anno scorso, un punto anche di ricucitura – ha continuato – rispetto ad alcune scelte sbagliate del passato su cui evidentemente anche alcuni nostri elettori ci hanno premiato“. “Il Pd fa i congressi come altri non fanno. Io non vedo oggi un partito diviso e frammentato come tanti che spingono a raccontarlo“.

Renzi attacca: “La segretaria del Pd firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?“. “Non penso che potesse farci un assist migliore per la campagna elettorale, direi che questa è davvero la fine del Pd. Vorrei che fosse noto che la segretaria del Pd aderisce a un referendum contro un provvedimento che caratterizzò un’intera stagione politica di quel partito: il Jobs Act era stato annunciato durante la campagna delle primarie del 2013, e il coordinatore della mia mozione era l’attuale presidente del Pd Stefano Bonaccini, la responsabile del lavoro era Marianna Madia, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’uomo che ha trovato i soldi Pier Carlo Padoan e in Consiglio dei ministri l’hanno votato tutti”, ha continuato.

Andrea Orlando, che si è schierato con Schlein alle primarie, ha detto: “Sto riflettendo se firmare. Francamente penso che i parlamentari, avendo altri strumenti, possano anche esimersi dal sottoscrivere questo referendum”.

Schlein sulle priorità del Pd

Schlein ribadisce: “Riportiamo in Parlamento la battaglia sul salario minimo. Meloni non può voltare ancora le spalle“. “Non è una priorità ma la priorità“. “Abbiamo presentato in Parlamento una legge, a mia prima firma, che chiede di aumentare le risorse per la sanità pubblica che la destra sta smantellando. Questa legge chiede di destinare il 7,5% del Pil alla sanità pubblica: è una media europea, non stiamo parlando di una rivoluzione. Sento Schillaci e Meloni ma le loro parole cozzano con la realtà perché da quando sono al governo la spesa per la sanità è diminuita. Se vogliono affrontare davvero il tema delle liste di attesa, lo facciano votando con noi questa legge in Parlamento”, ha continuato la segretaria.

Andrea Orlando ha dichiarato: “Le firme possono servire ad aiutare il Parlamento, come è avvenuto in altre occasioni, ad affrontare questo tema. Credo che a questo punto firmare o no per il referendum, almeno nel mio caso, sia irrilevante perché ho presentato un disegno di legge in questa legislatura per modificare in larga parte, proprio in coincidenza con i punti affrontati ora dal referendum, la normativa“.

Giuliana Presti

Laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale presso l'Università di Parma. Scrivo di cinema, cultura e attualità e amo la fotografia e la buona musica.

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