POLITICA

Perché lo stato d’emergenza influisce sulla corsa al Quirinale

Oggi, martedì 14 dicembre, il Consiglio dei ministri approverà la proroga dello stato d’emergenza per la pandemia di Covid-19 fino al 31 marzo 2022. Questa decisione, oltre che sul quello sanitario, potrebbe avere importanti conseguenze anche sul piano politico. In particolare, sulla corsa al Quirinale.

La proroga dello stato d’emergenza

Mentre i partiti s’interrogano sul successore di Sergio Mattarella al Colle, infatti, il Governo deve ancora affrontare la situazione emergenziale nel Paese. C’è la nuova ondata di contagi; l’incognita della variante Omicron del virus; la campagna vaccinale da portare avanti.

E, soprattutto, ci sono i fondi del Pnrr da gestire. Miliardi e miliardi che lo Stato dovrà essere in grado di distribuire con oculatezza per lasciarsi alle spalle la crisi portata dalla pandemia. Il tutto sotto lo sguardo attento dell’Europa, che cerca garanzie affinché i soldi del Recovery non siano sperperati.

Per fare questo, però, serve anche un figura di garanzia che ricopra il ruolo di “capocantiere” della ripresa. Che in questo momento è indubbiamente il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Ma negli ultimi mesi il nome dell’ex presidente della Bce è spesso apparso nella “short list” di quelli per il Quirinale.

Draghi e la corsa al Quirinale

Con la proroga dello stato d’emergenza, invece, questa ipotesi viene meno. Secondo il Corriere della Sera, in questo modo il premier ha voluto spazzare via dietrologie e ipotesi – più o meno fantasiose – sulla corsa al Colle. La proroga comporta infatti la sua permanenza a Palazzo Chigi.

Con buona pace di coloro che spingono affinché Draghi diventi il prossimo Presidente della Repubblica, potendo dunque sfruttare su sondaggi favorevoli in caso di elezioni anticipate. Ma anche di coloro che temono questa ipotesi e anzi puntano su altri candidati.

La gestione della pandemia

E ciò comporta anche una serie di garanzie sul piano gestionale non di poco conto. Senza stato d’emergenza non si avrebbe infatti l’appiglio giuridico per giustificare il sistema di colorazione delle Regioni in base all’andamento di contagi e ricoveri.

Ma non ci sarebbe nemmeno la possibilità per queste di continuare a procedere con poteri speciali. Altro nodo riguarda la gestione della campagna vaccinale. In questo momento è di competenza della struttura commissariale creata ad hoc e guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo.

Invece, senza proroga (che ne giustifica l’esistenza in emergenza) questa dovrebbe essere “normalizzata” ed entrare a far parte dell’apparato statale. Più precisamente, potrebbe assorbirla la Protezione civile. Ma a quel punto come verrebbero divisi i ruoli? E a chi spetterebbe la gestione della campagna vaccinale?

Il risiko dei partiti

In questa complessa situazione s’incastra infine il risiko dei partiti. Ci sono ad esempio le voci critiche dell’opposizione di Fratelli d’Italia; quelle dubbiose di pezzi della maggioranza come la Lega, in discesa nei consensi; o quelle più timorose (di una fine dell’esecutivo) di Forza ItaliaPartito democratico e Movimento 5 Stelle.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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