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POLITICA

Manovra 2024, dalle pensioni al taglio del cuneo fiscale: le misure al vaglio del primo Cdm

L’estate è finita e per il governo è tempo di aprire il cantiere della manovra. Per ora soltanto informalmente perché la legge di Bilancio 2024 non comparirà nell’ordine del giorno del primo Consiglio dei ministri post vacanze convocato per oggi.

Il Cdm però darà ai partiti della maggioranza la prima occasione per un confronto sulle priorità (tante) e le risorse disponibili (poche), mettendoli di fronte alla realtà. Mentre resta l’incognita Pil, la coperta appare già corta e bisognerà compiere delle scelte, rinunciando o ridimensionando gli interventi più corposi come per esempio “Quota 41”, rilanciata di recente dalla Lega, ovvero l’anticipo della pensione con 41 anni di contributi.

Lavoro, famiglia e pensioni, i pilastri della Manovra 2024

Nonostante le richieste negli ultimi giorni si vadano moltiplicando, i ministri cominceranno a fare i conti partendo dalla base comune che si regge su tre pilastri: lavoro, famiglia, pensioni.

Il taglio del cuneo fiscale

Sul primo, la priorità è per tutti il rinnovo del taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti, in vigore da luglio e in scadenza a fine anno. Una voce piuttosto pesante che vale tra i 9 e i 10 miliardi di euro nella versione introdotta con il decreto Lavoro dello primo maggio (7 punti per i redditi fino a 25mila e 6 per quelli fino a 35mila).

C’è poi la detassazione delle tredicesime – uno degli obiettivi della delega fiscale – con l’ipotesi di anticiparla rispetto alla manovra per dare un segnale già sugli stipendi di dicembre. Una mossa che piace ai partiti in vista delle europee e che non dovrebbe avere un costo eccessivo, soprattutto se ci si limita ai redditi più bassi.

Aiuti alle famiglie numerose

Altro tema che mette d’accordo tutti è il capitolo famiglia, con le misure a favore della natalità e dei nuclei numerosi. Dagli aiuti alle famiglie con tre figli, alle agevolazioni per chi assume mamme, al bonus per il secondo figlio. Un pacchetto che potrebbe costare sui 4-5 miliardi di euro e sul quale verrà dirottato il miliardo risparmiato con l’Assegno unico.

Pensioni, quota 41

È sul fronte delle pensioni che si cominciano a misurare le distanze tra i partiti della maggioranza. Se il vicepremier Antonio Tajani rilancia l’aumento di quelle minime (portarle a 600 euro costerebbe ‘appena’ 210 milioni), la Lega si spinge oltre e non abbandona l’idea di Quota 41, che però considerate le risorse a disposizione andrebbe come minimo ridimensionata.

Per ora dunque si studiano solo piccoli aggiustamenti per le misure già esistenti. Secondo le indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi, verrebbero confermate Quota 103, ovvero la possibilità di uscire dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi, e l’Ape sociale per i lavoratori disagiati, mentre Opzione donna potrebbe essere ritoccata allargando di nuovo la platea a chi ha 35 anni di contributi con un’età minima che potrebbe essere alzata.

Le altre misure: dall’Irpef al Ponte sullo Stretto

Sempre alla voce ‘uscite vanno aggiunti i fondi per far partire il Ponte sullo Stretto (1-2 miliardi), la replica della tassazione agevolata sui premi di produttività, i fringe benefit (1-2 miliardi) e le spese indifferibili (dalle missioni internazionali alle indennità di vacanza per la Pa, che valgono 6 miliardi). Senza contare l’avvio per la riforma dell’Irpef alla quale servirebbero 4 miliardi.

Numeri che portano il conto della manovra già vicino a 30 miliardi, al netto delle richieste dei ministri, inclusi i 4 miliardi reclamati dal titolare della Salute Orazio Schillaci e gli 8 per i contratti pubblici che servirebbero al collega della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.

Anche l’ordine del giorno non è stato ancora reso noto, è probabile che sul tavolo del governo arrivi il Dpcm Tim, il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che renderà operativo il memorandum d’intesa firmato il 10 agosto tra il ministero dell’Economia e il fondo americano Kkr sulla presentazione di un’offerta vincolante al Cda della compagnia telefonica per rilevare fino al 20% della Netco, la società della rete fissa, con un’operazione da 2-2,5 miliardi.

Foto | Wikimedia Commons @Governo Italiano – Newsby.it

Caro carburanti e questione migranti

Tra i temi che il governò dovrà affrontare quello del caro-carburanti, con la Lega è in pressing per dare una “limatina” alle accise attingendo a una parte dell’extragettito Iva incassato grazie all’aumento dei prezzi alla pompa. Ma fin qui il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è mostrato molto cauto.

Tra i dossier sul tavolo dei ministri, è probabile ci sia anche la questione migranti, con l’emergenza sbarchi che tiene acceso il dibattito di questi giorni. In proposito il vicepremier e ministro per le Infrastrutture e i Trasporti Matteo Salvini ha rilanciato l’idea “un nuovo decreto sicurezza già a settembre”, per accelerare le espulsioni più rapide e inasprire le pene per i responsabili di violenze contro l’ordine pubblico.

Il leader del Carroccio ha anche annunciato che porterà in Cdm “il dossier dell’equilibrio uomo e carnivori in Trentino, il dossier dello stop agli Euro 5 in Piemonte”, che secondo il leader della Lega “va quantomeno rinviato”.

Anche se l’ordine del giorno non è ancora noto, secondo le indiscrezioni sul tavolo del governo dovrebbe approdare anche un decreto legislativo per il riordino e la revisione degli ammortizzatori e l’introduzione di un’indennità per i lavoratori dello spettacolo.

Le (poche) entrate

Le entrate per ora sono ferme a 4,5 miliardi ricavati in deficit dal Def, il Documento di economia e finanza, e dalla spending review (300 milioni), più risorse non quantificate che il governo punta a recuperare dal nuovo rapporto “collaborativo” tra fisco e contribuente, ovvero dalla lotta all’evasione fiscale.

Ci sarebbero poi i 2,5 miliardi dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, ma si tratta di una cifra piuttosto aleatoria, visto che Forza Italia ha già pronti emendamenti per modificare quattro punti della norma in Parlamento. Si punta in particolare a escludere le banche di piccole dimensioni, a non far gravare la tassa sui titoli di Stato, a renderla deducibile e a chiarire che si tratta di un’imposta una tantum.

Scontro in seno alla maggioranza

Lo scontro più evidente dentro la maggioranza si sta consumando tra Forza Italia e la Lega sul fronte delle privatizzazioni. I due vicepremier sono in disaccordo, con il neo segretario di FI Antonio Tajani che ha rilanciato le liberalizzazioni dei porti: “In Italia c’è un problema di debito pubblico e insieme però l’opportunità di valorizzare alcuni servizi che oggi sono appannaggio dallo Stato ma che potrebbero essere gestiti, ugualmente se non meglio, da un privato”. Salvini dal canto ha replicato seccamente sottolineando che la privatizzazione dei porti “non è nell’agenda di governo”.

Federica Giovannetti

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