POLITICA

Decreto baby gang, politica divisa: le critiche di Forza Italia e opposizioni

L’idea, rilanciata dalla Lega, di abbassare la soglia di non imputabilità e dunque di prevedere il carcere per i minori di 14 anni non convince molti. Anche all’interno della maggioranza di governo c’è chi ha storto il naso davanti alle bozze del decreto sul contrasto alla criminalità giovanile circolate ieri in vista del Consiglio dei ministri in programma oggi.

È il caso del vice premier e segretario di Forza Italia Antonio Tajani: “Non possiamo che considerare un 14enne che gira armato un criminale. Detto questo, ci sono le carceri minorili che devono lavorare per la rieducazione. Non dobbiamo mai rinunciare alla possibilità di far sì che questi giovani si allontanino dal mondo del crimine”.

A non convincere il leader azzurro del resto è anche un’altra misura che dovrebbe essere contenuta nel dl discusso nel pre-Consiglio dei ministri di ieri, ovvero lo stop all’uso del cellulare nel caso di condanna, anche non definitiva, per delitti contro la persona, il patrimonio o inerenti il possesso di armi o sostanze stupefacenti. “Non è una questione risolutiva. Certamente per un giovane è un segnale forte ma non è che si risolve perché poi, magari, se lo fanno prestare dal fratello o trovano il modo di usarlo”.

Le critiche dell’opposizione

L’opposizione boccia l’idea di rimettere mano al codice penale per abbassare l’età imputabile, a cominciare dal Partito Democratico. “Il carcere agli under 14 è la risposta sbagliata e propagandistica a un grande problema sociale ed educativo. La politica di Salvini è saltare in groppa al fatto di cronaca e cavalcarlo, non dare soluzioni. Rinchiudi un bambino e getta la chiave è il nuovo garantismo della Lega?”, ha commentato sui social Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd.

Sulla stessa linea Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra: “La destra al governo ha sempre un’unica soluzione per tutto: l’inasprimento delle pene. Dopo i rave, questa volta tocca ai minori di 14 anni. Pura follia e pura propaganda. È assurdo pensare che la criminalità giovanile, che spesso si annida in contesti sociali di particolare fragilità, possa essere combattuta col carcere”.

Foto ANSA/ CIRO FUSCO – Newsby.it

Cucchi critica anche il cosiddetto Daspo per i minori: “Ancora più grave il divieto di spostarsi dal comune di residenza, condannando di fatto quei giovani a vivere in quello stesso ambiente tossico in cui sono nati e cresciuti, penalizzandoli quindi ulteriormente”.

Piuttosto che l’inasprimento delle pene, osserva, “servono scuola, serie politiche educative di prevenzione e un reale e costante presidio del territorio, non solo delle forze di polizia, per permettere un monitoraggio e un sostegno alle famiglie. Usare il carcere invece, significa solo negare l’opportunità reale di una nuova vita futura”.

Autorità garante infanzia: “No al carcere, servono misure per il recupero”

Fuori dalle aule parlamentari la bocciatura più pesante è arrivata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. “Abbassare l’età imputabile non serve. Già oggi il minorenne che ha meno di 14 anni e commette reato può essere convocato davanti a un giudice”, ha scritto la garante Carla Garlatti in una nota indirizzata alla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni. “Inoltre, ove ne ricorrano le condizioni, può essere destinatario di interventi di sostegno che includano anche la sua famiglia. Nei casi più gravi anche il minore di 14 anni può essere destinatario di misure di sicurezza basate sulla sua pericolosità sociale”.

Piuttosto, spiega Garlatti, servono “sanzioni penali su misura per i minorenni che siano “diverse da quelle degli adulti e parametrate alla gravità del fatto come, per esempio, l’obbligo di svolgere servizi per la collettività. Ancora, nell’ottica del recupero e del reinserimento del minorenne, oltre che del contrasto alla recidiva, va valorizzata la giustizia riparativa, che offre strumenti che consentono all’autore del reato di comprendere la gravità delle proprie azioni, anche in relazione alla sofferenza di una vittima che finalmente non è più sola e trova supporto”.

In sostanza “non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo: il ragazzo che sbaglia va certamente punito, ma questo non basta. È necessario in primo luogo investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi – in particolare nelle zone a maggior criticità – valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare”.

Senza escludere l’allontanamento qualora il contesto sia “permeato da una cultura dell’illegalità, come avviene nelle famiglie che appartengono alla criminalità organizzata”.

Il no del sindacato agenti penitenziari

Anche il sindacato degli agenti penitenziari si dice contrario all’abbassamento dell’età imputabile perché “ingenererebbe ulteriori difficoltà gestionali e di coesistenza fra fasce d’età e livelli di maturazione notevolmente diversi per il settore detentivo minorile, già oggi gravato da innumerevoli problematiche e difficoltà operative testimoniate anche dai frequentissimi fatti di cronaca”, afferma in una nota il segretario della Uilpa Gennarino De Fazio.

Federica Giovannetti

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