Arriva un nuovo motivo di frizione all’interno della maggioranza di Governo. E il tema non è certo nuovo, e già in passato si era fatto notare per la sua divisività: il condono edilizio. Una soluzione che storicamente non è mai dispiaciuta alle forze politiche di centrodestra, ma che viceversa il centrosinistra ha sempre ferocemente contestato.
E così sarà anche per l’esecutivo Draghi, come ha fatto chiaramente capire Enrico Letta. Il segretario del Pd, nel corso di un intervento su Rai Radio1, ospite della trasmissione ‘Radio Anch’io’, non si è infatti nascosto. “Il tempo dei condoni deve finire. Bisogna premiare chi ha sempre pagato le tasse. E la riduzione fiscale deve partire da quei ceti, da quei redditi che le tasse le hanno sempre pagate“, ha spiegato.
Al netto del nodo sul condono, però, il Pd ci sta a intervenire sul tema di fisco e edilizia. “Siamo favorevoli a una riforma del catasto che lo aggiorni e lo renda più funzionale, digitalizzando – ha spiegato Letta –. Draghi su questo è stato chiaro e io credo ci si debba fidare di lui. Ha spiegato che la riforma del catasto non comporta un aumento delle tasse per nessuno. È una riforma attesa da decenni“.
Il più grosso timore, in riferimento al condono edilizio, riguarda la possibilità di registrare al Catasto (e quindi immettere sul mercato, con la possibilità di venderli) edifici o parti di edifici frutto di interventi abusivi. Una possibilità che in particolare riguarderebbe costruzioni precedenti al 1967. Veri e propri orrori risalenti agli anni del boom economico, che usufruendo del Superbonus 110% sarebbero di fatto legalizzati.
Una grana con cui un anno fa dovette misurarsi anche Giuseppe Conte, negli ultimi mesi da premier. La questione esplose con il Decreto Semplificazioni, in piena estate 2020. A rompere gli indugi fu il ministro Roberto Speranza: “Questo testo proprio non va. In sostanza dà ai Comuni il potere di sanare gli abusi con varianti edilizie. E poi, cosa c’entra con le semplificazioni?“. “Dal testo deve sparire ogni forma di condono“, aveva sottolineato il ministro Dario Franceschini. E la questione, circa vent’anni dopo il condono voluto dal governo Berlusconi II, infiamma ora il dibattito interno alla maggioranza.
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