POLITICA

Carne coltivata, l’Italia non la vuole ma in altri Paesi è già in vendita

L’Italia dice no alla carne coltivata in laboratorio. Il ddl che introduce il divieto di produzione e commercializzazione di cibi e mangimi “sintetici” ieri ha ricevuto il primo via libera dal Senato. Ora il testo passa alla Camera. Alla base del provvedimento, ha spiegato il titolare dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il principio di precauzione.

In altri Paesi la carne coltivata è già realtà: il caso Usa e Singapore

Se l’Italia è il primo Paese al mondo a introdurre il divieto, altrove la carne sintetica è già realtà. È il caso degli Stati Uniti, dove il governo federale lo scorso giugno ha dato il via libera alla commercializzazione del pollo coltivato in laboratorio. Ben prima degli States, Singapore ne consente la vendita dal 2020.

Il no dell’Italia, cosa prevede il ddl sulla carne coltivata

Il ddl in sette articoli mette al bando alimenti, bevande e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.

Obiettivo dichiarato del provvedimento è tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo valore culturale, socio-economico e ambientale, assicurando al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini-consumatori. Lollobrigida garantisce che il ddl non introdurrà un divieto alla ricercain alcun modo”.

Oltre allo stop alla produzione e alla commercializzazione, il testo messo a punto dai ministeri di Agricoltura e Salute vieta anche l’uso della denominazione “carne” per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. Così come è vietato l’utilizzo di terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria (dalla bresaola alla bistecca). Lo scopo, sostengono, è porre un freno al cosiddetto “meat sounding” e favorire acquisti più consapevoli da parte del consumatore.

Foto ANSA/ US MEMPHIS MEATS

Sul fronte sanzioni, oltre alla confisca dei prodotti è prevista una multa da 10mila a 60mila euro (o equivalente al 10% del fatturato se questo supera i 60mila euro). Per chi vìola il divieto inoltre è prevista la chiusura dello stabilimento di produzione da uno a tre anni e, per lo stesso periodo, l’esclusione da contributi, finanziamenti o agevolazioni statali o dell’Unione europea. Alle medesime sanzioni è soggetto chiunque finanzi, promuova o agevoli in qualunque modo le condotte di produzione o commercializzazione.

Cos’è la carne coltivata

Dal punto di vista tecnico, quando si parla di carne coltivata si fa riferimento alla carne prodotta a partire da cellule animali nutrite con sieri di origine vegetale o animale all’interno di bio-reattori, che consentono loro di crescere fino a diventare tessuto muscolare.

Per i fautori della carne coltivata, essa rappresenta un’alternativa agli allevamenti intensivi capace di sfamare una popolazione mondiale in continua crescita, che secondo le Nazioni Unite nel 2050 sfiorerà i 10 miliardi di persone. A tutto beneficio dell’ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di gas serra. Senza contare il risvolto etico della carne prodotta in vitro che non prevede la macellazione di animali.

Federica Giovannetti

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