Usa, Kevin McCarthy, il primo speaker del Congresso destituito nella storia degli Stati Uniti

Con un voto storico del Congresso americano, il presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti Kevin McCarthy è stato destituito con una mozione di sfiducia presentata dall’ala dura del Grand Old Party. È la prima volta che accade nella storia degli Stati Uniti. Lo speaker è vittima di faide interne al partito conservatore.

Sono bastati otto deputati repubblicani per far venire meno la risicata maggioranza sui poteva contare lo speaker, con i dem che hanno votato compatti, preferendo non lanciargli alcun salvagente e lasciare che esplodessero le divisioni in seno al partito rivale. E così, con 216 sì e 210 no, McCarthy è stato estromesso dal suo incarico, con l’accusa di aver negoziato con l’opposizione il bilancio provvisorio che ha scongiurato il temuto shutdown e rifinanziato l’amministrazione federale.

Una mossa rarissima: da quando è stata istituita nel 1910, solo due speaker hanno dovuto affrontare un voto su una mozione di sfiducia e nessuno.

Autore della mozione è il deputato Matt Gaetz, fedelissimo del tycoon ed esponente di una fronda parlamentare in seno al partito repubblicano Gop. Lo speaker perde l’incarico a distanza di appena nove dallelezione, ottenuta peraltro faticosamente, dopo quindici votazioni.

McCarthy è “una creatura della palude” che “è salita al potere raccogliendo il denaro di interessi speciali e ridistribuendo quel denaro in cambio di favori”, ha accusato Gaetz. “Dovremmo eleggere uno speaker migliore”. Un epilogo che conferma una volta di più la presa dell’ex presidente Usa sul partito.

McCarthy: “Non mi pento”

McCarthy, rappresentante della California, dal canto uso rivendica le scelte che hanno portato alla sua estromissione. “Non mi pento dei miei sforzi per costruire coalizioni e trovare soluzioni. Sono stato cresciuto per risolvere i problemi, non per crearli”, ha detto in conferenza stampa.

L’ex speaker comunque ha fatto sapere che non intende correre per un altro mandato.Non cercherò di candidarmi nuovamente come speaker della Camera. Potrei aver perso un voto oggi, ma ho combattuto per ciò in cui credo, e credo nell’America. È stato un onore servire“, ha scritto sul social X.

Il deputato repubblicano della North Carolina Patrick McHenry guiderà ad interim il Congresso. Con poteri limitati: potrà solo sospendere e aggiornare i lavori della Camera, oltre a riconoscere le candidature per la carica di speaker. Un’elezione che non si preannuncia facile e che rischia di paralizzare il Congresso proprio quando deve negoziare la prossima legge di spesa.

Il presidente Usa Joe Biden si è augurato che i deputati procedano spediti con l’elezione di un nuovo speaker viste “le sfide urgenti che il Paese deve affrontare”.

Congresso Usa
Congresso Usa | Foto Unsplash / Alejandro Barba – Newsby.it

La storia travagliata tra l’ex speaker e il Gop

Il siluramento dello speaker arriva dopo mesi di lotta intestina in seno al partito repubblicano. Salito alla ribalta delle cronache per le accuse – poi archiviate – di una relazione con una minorenne e di sfruttamento della prostituzione, Gaetz ha accusato McCarthy di non mantenere le promesse e di flirtare con l’opposizione.

Prova ne sarebbe, secondo il repubblicano, l’approvazione della legge che tre giorni fa ha rinviato, per soli 45 giorni, la chiusura delle attività federali, grazie a un accordo raggiunto in extremis con i democratici. Un compromesso peraltro a spese si Kiev, visto che il provvedimento che rifinanzia le casse delle agenzie federali fino a metà novembre ha cancellato i fondi previsti per l’Ucraina (6,2 miliardi di dollari).

Nel mirino anche un presunto “accordo collaterale segreto” con Biden per continuare a finanziare l’invio di armi a Kiev con una legge ad hoc.

Fatti sotto”, gli aveva risposto lo speaker, prima di mettere al voto l’istanza, deciso a non restare più ostaggio di un manipolo di colleghi “Maga” (Make America great again) e a giocarsi tutto nella sfida frontale. Ma già nel primo voto per rinviare la mozione aveva capito di non aver i numeri per sopravvivere, con i dem compatti contro di lui.

L’invio di armi all’Ucraina

Capitol Hill precipita così nel caos e nell’incertezza, con il partito repubblicano che, nonostante la maggioranza alla Camera, fa hara-kiri e offre uno spettacolo di ingovernabilità che non giova certo al Grand Old party in vista delle elezioni.

Un terremoto arrivato proprio nel giorno in cui Joe Biden ha chiamato i leader dei Paesi Nato e i vertici della Ue “per coordinare il sostegno per l’Ucraina” e rassicurare che gli aiuti continueranno ad arrivare “finché serve”. Insomma un tentativo di fugare i dubbi montati tra gli alleati dopo il voto sullo shutdown mentre il Pentagono avvisa il Congresso che i fondi per il Paese aggredito dalla Russia si stanno esaurendo.

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