Non bastasse il botta e risposta, nelle ultime quarantott’ore, con il presidente russo Vladimir Putin, gli Usa e il neopresidente Joe Biden sono alle prese con un altro scambio di accuse, quello con la Cina di Xi Jinping. La prima giornata del summit bilaterale sino-americano di Anchorage, in Alaska, è stata infatti caratterizzata da diversi momenti di tensione tra i rappresentanti diplomatici dei due Paesi. In particolare fra i segretario di stato Usa Anthony Blinken e il capo delegazione cinese Yang Yechi.
Secondo quanto riportato dai media americani, la tensione è nata non appena Blinken ha parlato di abusi contro i diritti umani, da parte del governo cinese, a Hong Kong e nello Xinjiang. Il segretario di stato ha poi definito irrispettose le minacce di Pechino a Taiwan e stigmatizzato le pressioni economiche nei confronti dell’Australia. Inoltre, ha condannato con fermezza i cyber-attacchi arrivati dal territorio cinese contro bersagli occidentali.
Blinken ha dichiarato, senza mezze misure, che quello cinese è “un attacco contro l’ordine e la legalità che garantiscono la stabilità globale”. Jake Sullivan, consigliere di Biden per la sicurezza nazionale, ha rincarato la dose: “Quello cinese è un assalto contro i valori universali”.
I rappresentanti diplomatici della Repubblica Popolare non hanno subìto in silenzio le accuse. Yang Yechi, dopo le parole di Blinken e Sullivan, ha respinto ogni addebito. “Gli Stati Uniti continuano a promuovere la loro versione di democrazia nel resto del mondo – ha detto -. E anche negli stessi Usa molti hanno smesso di avere fiducia in quel tipo di democrazia. La Cina non accetta accuse. Gli Usa hanno portato le relazioni bilaterali a una crisi senza precedenti“.
Gli americani hanno inoltre rimproverato ai cinesi di non rispettare la durata limite degli interventi e di “essere venuti a fare propaganda anziché affrontare la sostanza”. Un’altra accusa rigettata dai rappresentanti della Cina, che hanno contestato le regole procedurali del summit. Nella giornata di venerdì la seconda e ultima giornata di colloqui ad Anchorage. L’atmosfera resta tesa e c’è timore di altre spaccature tra il mondo occidentale e la Cina in un periodo estremamente delicato, anche (e soprattutto) a causa della pandemia di Covid-19.
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