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Usa 2020, Trump denuncia frodi Biden parla già da presidente

Donald Trump non demorde e tira dritto per la sua strada. Per la prima volta dopo la notte elettorale il presidente Usa parla pubblicamente dalla Casa Bianca. Accusa i democratici “brogli, frodi e corruzione” e minaccia di ricorrere alla Corte Suprema: “Se si contano i voti legali vinco facilmente. Se si contano i voti illegali e quelli in ritardo, ci rubano le elezioni.

Trump parla per circa 16 minuti davanti ai giornalisti accreditati (che però non possono fare domande), ripetendo in maniera costante quello nelle ultime ore sta scrivendo su Twitter. “Difenderemo l’integrità del voto, non permetteremo ai corrotti di rubare le elezioni. Ci saranno azioni legali dappertutto”. A Biden, che aveva parlato solo un paio di ore prima, risponde: “sfido Joe a contare solo i vori legali”. Quelli che ancora vengono contati e che stanno dando al candidato democratico i numeri per superare la famosa soglia dei 270 ‘voti elettorali’ per il presidente Usa sono parte di una grande complotto che ha come obiettivo quello di cacciarlo dalla Casa Bianca.

Usa 2020, Trump denuncia la “corruzione” dei democratici, ma senza ancora delle prove

I dati che arrivano sui siti e le tv all-news dalla Pennsylvania e soprattutto dalla Georgia sono eloquenti: Trump potrebbe perderle entrambe. In quella che diventerebbe (se aggiungiamo l’Arizona) una disfatta in due roccaforti da decenni saldamente repubblicane. Così, dalla sala stampa della Casa Bianca, quasi fossero dichiarazioni dopo incontri ufficiali come presidente, denuncia il “sistema corrotto del voto per posta, che ha veramente distrutto il nostro sistema elettorale”.

Imputa a Biden e ai democratici di voler trovare tutti i voti di cui hanno bisogno e sembra che siano in grado illegalmente di farlo, si dice convinto che “aspettano e aspettano e li troveranno”. Accusa “la corrotta macchina democratica”, definisce Detroit e Philadelphia due dei più corrotti posti politici nel nostro Paese che non possano lasciare che siano i responsabili della manipolazione dell’esito della corsa elettorale, di una corsa presidenziale che è la più importante della storia”. Tutte accuse senza uno straccio di prova: cosa che molti media americani mettono subito in evidenza.

Biden si dice convinto di raggiungere la presidenza degli Stati Uniti

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In tutto questo Joe Biden appare molto tranquillo. E, messa da parte la sua proverbiale prudenza, ha assicurato che alla fine la maggioranza dei grandi elettori necessari per vincere la presidenza sarà sua. Ne servono almeno 270 e lui è a quota 264, considerando la chiamata di Fox News e Associated Press che gli hanno già assegnato l’Arizona. Dunque, al candidato democratico basta prendere uno solo degli Stati chiave ancora in ballo per trionfare. Anche il Nevada, che è quello che ha un bottino più magro di grandi elettori, appena 6. “Non ho dubbi che quando il conteggio dei voti sarà terminato io e Kamala Harris saremo dichiarati vincitori. In America il voto è sacro”, sostiene l’ex vice di Obama.

A quel punto l’appuntamento sarebbe al 14 dicembre, con l’elezione formale del presidente da parte dello Us Electoral College, che riunisce i 538 grandi elettori. Ma l’incertezza di queste elezioni, che 72 ore dopo il voto non hanno ancora un vincitore, e il clima arroventato attorno all’esito delle urne non contribuiscono a placare gli animi e le tensioni che da tempo sempre più percorrono il Paese. Con manifestazioni e proteste che vanno di nuovo in scena in queste ore da New York, con decine di arresti, a Detroit e Phoenix, dove invece a scendere in strada e in alcuni casi davanti ai seggi sono i sostenitori del presidente, in alcuni casi anche armati di fucili e pistole.

Lorenzo Grossi

Classe '89, appassionato sin da piccolo di sport e scrittura. Già da "pischello" scrivevo come collaboratore per alcune testate giornalistiche a cui ho man mano affiancato radio, agenzie di stampa, tv e quotidiani cartacei. Ora è il momento di newsby! Nel carnet anche una breve ma intensa carriera di direttore di gara di calcio a 11.

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