Pur di non usare la parola guerra, nel corso degli ultimi mesi Vladimir Putin, il presidente della Russia, si è aggrappato all’espressione “operazione militare speciale”, ambigua e non compromettente. Non bastano però delle parole scelte con cura per nascondere al mondo quel che è successo e sta avvenendo tutt’ora in Ucraina, dove quasi ogni giorno cadono bombe dal cielo e dei civili perdono la vita. Chiunque, di fronte alle immagini delle atrocità commesse a Kiev e negli altri territori non può fare a meno di pensare a una guerra e di recente anche lo stesso Putin ha usato per la prima volta questa espressione in pubblico.
“Il nostro obiettivo non è far girare il volano del conflitto militare, ma, al contrario, porre fine a questa guerra. Prima finisce, meglio è”, ha dichiarato Putin parlando con i giornalisti a margine di una riunione del Consiglio di Stato sulle politiche giovanili. “Ci siamo impegnati e continueremo a lottare per questo”, ha aggiunto. Secondo quanto riferito dai critici di Putin, in Russia l’uso della parola “guerra” per descrivere il conflitto ucraino è illegale da marzo, quando il presidente ha firmato una legge sulla censura che rende reato diffondere informazioni “false” sull’invasione. Il mancato rispetto della forma prevede una pena di 15 anni di reclusione per chiunque venga condannato.
Sembra improbabile che Putin subirà delle ripercussioni per quello che ha detto, eppure qualcuno ha già provato a chiedere alle autorità russe di perseguirlo per aver diffuso informazioni false. Si tratta di Nikita Yuferev, un deputato del comune di San Pietroburgo fuggito dalla Russia a causa della sua posizione contro la guerra. “Non c’è stato alcun decreto per porre fine all’operazione militare speciale, nessuna guerra è stata dichiarata”, ha scritto su Twitter. “Diverse migliaia di persone sono già state condannate per tali parole sulla guerra”, ha aggiunto.
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