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Il Green Pass esisteva già nel 1885: la cicatrice al posto del QR Code

L’autunno è ormai alle porte e i governi di tutto il mondo corrono ai ripari per scongiurare una nuova ondata di contagi. Vaccinazioni di massa, rispetto del distanziamento sociale e passaporto vaccinale (Green Pass, in Italia), sono queste le misure adottate nella lotta al coronavirus. Le nuove restrizioni dividono tuttavia l’opinione pubblica: scienziati, intellettuali, giornalisti, medici e docenti. In Italia, come nel resto del mondo, le proteste degli antivaccinisti si moltiplicano in un crescendo di tensione e talvolta violenza. Tuttavia, mentre molti vi intravedono i pericoli di una deriva totalitarista, scopriamo che il passaporto vaccinale non è affatto una novità, quanto una buona pratica in utilizzo già dalla fine dell’Ottocento.

Il Green Pass esisteva già a fine Ottocento

Correva l’anno 1885. I funzionari di frontiera degli Stati Uniti non si aspettavano che i viaggiatori avessero con sé i documenti di identificazione richiesti oggi: ad esempio, il passaporto o il QR code del Green Pass. Tuttavia, spesso e volentieri, richiedevano ai passeggeri di fornire la prova di essere vaccinati contro il vaiolo. Questo accadeva sia nei porti di ingresso, come Ellis Island a New York, oppure a Angel Island a San Francisco, sia lungo i valichi di frontiera degli Usa con il Canada o il Messico. Come riporta il Time, un giornale locale del 1910 sintetizza alla perfezione i requisiti di coloro che si mettevano in viaggio. Essi dovevano mostrare “un certificato di vaccinazione, un braccio adeguatamente sfregiato o una faccia butterata“, a testimonianza del fatto che erano sopravvissuti al vaiolo.

La campagna vaccinale contro il vaiolo

Introdotto nel XVIII secolo, il vaccino contro il vaiolo fu il primo del suo genere. Non era infatti somministrabile con una siringa, ma veniva effettuato con un ago particolare. La procedura causava così una piccola escoriazione sul braccio vaccinato. Una cicatrice distintiva, ancora oggi visibile sulle braccia dei nostri nonni e genitori, testimoniava l’avvenuta vaccinazione. Proprio in virtù del suo aspetto peculiare, gli americani trattarono la cicatrice del vaiolo come una documentazione di vaccinazione, una sorta di Green Pass ante temporem. Si racconta infatti che, in concomitanza con un’epidemia di vaiolo nel Tennessee, un generale di brigata ordinò ai medici di ispezionare la popolazione e “vaccinare coloro che non presentavano cicatrici ben marcate“. Se non fu deriva allora, lo può essere oggi? Alla storia l’ardua sentenza.

 

 

Linda Pedraglio

Sono nata e cresciuta in un piccolo paese vicino al lago di Como, ma, fra studio e lavoro, ho avuto modo di vivere città diverse: l’Erasmus a Helsinki, gli anni dell’università a Milano, il corso di giornalismo a Firenze. Sogno una piccola casa sul lago, piena di libri, che sono il mio affaccio sul mondo, e un foglio bianco per raccontare quello che osservo. Il mio romanzo del cuore è Anna Karenina. Mi occupo principalmente di libri, arte e cultura.

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