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Sindrome dell’Avana, cos’è e perché i russi non c’entrano nulla

Alla fine si è rivelato tutto una bolla di sapone: la sindrome dell’Avana non esiste. O meglio, non è direttamente collegata alle azioni dei servizi segreti stranieri, come finora ipotizzato. A confermarlo – come scrive il Wall Street Journal – è un report della Cia, secondo cui il generale stato di malessere vissuto da circa un migliaio di membri del personale di diverse sedi diplomatiche statunitensi sparse per il mondo.

I sintomi della sindrome dell’Avana

Ma in cosa consiste, di preciso, la sindrome dell’Avana? I sintomi più comuni segnalati dai diplomatici e dagli agenti segreti americani consistono in mal di testa, vertigini, nausea, stanchezza, forti stati d’ansia, perdite di memoria e alterazioni sensoriali, fra cui deficit dell’udito. I primi a parlarne sono stati alcuni membri della Cia di stanza e dal personale dell’ambasciata canadese all’Avana nel 2016, anche se la notizia è trapelata solo nell’inverno del 2017.

Oltre a Cuba, altri casi si sono registrati anche nelle ambasciate di Guangzhou, Berlino e Vienna. Ma il fenomeno si è esteso anche a diplomatici di stanza in altre nazioni, come Colombia, Polonia, Austria, Germania, Uzbekistan, Taiwan e Cina. E perfino nella capitale degli Usa, Washington.

I sospetti sui servizi segreti stranieri

Dopo le segnalazioni, il Dipartimento di Stato ha quindi disposto degli accertamenti per indagare sulle cause di questi malesseri. Sebbene l’origine dei sintomi sia del tutto incerta, alcuni funzionari del governo Usa – sia durante la presidenza Trump sia durante quella Biden – hanno sostenuto il diretto coinvolgimento dei servizi segreti russi.

I diplomatici affetti dalla sindrome dell’Avana sostengono di aver udito, prima della comparsa dei sintomi, una specie di ronzio proveniente da una direzione specifica, di durata variabile fra i 20 secondi e i 30 minuti; mentre altri parlano di una leggera pressione o vibrazione sulla testa, oppure una sensazione simile a quando si viaggia in auto con il finestrino semiaperto.

Le principali ipotesi sulle cause

A studiare queste manifestazioni sono stati anche i ricercatori dell’Università della Pennsylvania. Delle risonanze magnetiche su alcuni diplomatici hanno evidenziato un volume ridotto di materia bianca a livello regionale, oltre a una ridotta integrità del cervelletto e delle funzioni uditive e visuo-spaziali. Tutte conseguenze compatibili con un trauma cranico.

Fra le ipotesi più discusse si sostiene che a causare i sintomi siano state delle armi a microonde in dote all’intelligence cubana e russa. Una sorta di ultimo scorcio di guerra fredda, insomma, nuovamente alimentata dalle recenti tensioni per la crisi in Ucraina. Non a caso, sostengono i complottisti, nell’ex Unione Sovietica si conducevano infatti dei test con armi soniche.

Fbi e Cia concordano: nessuna arma

Nel 2017 anche l’Fbi ha indagato su queste segnalazioni, escludendo però tale ipotesi dal suo report finale. E ora è arrivata la seconda conferma, direttamente dalla Cia. Il cui direttore, William Burns, ha promesso che l’agenzia governativa continuerà a indagare sulla sindrome dell’Avana con “rigore analitico”. Burns ha anche assicurato che chiunque ne abbia sofferto avrà libero accesso a tutte le cure necessarie.

Molti diplomatici colpiti, infatti, in passato hanno lamentato un sostanziale immobilismo della Casa Bianca, rea di non aver preso sul serio il loro stato di malessere. Intanto, sebbene non si sia arrivati a un punto di svolta, la Cia continuerà ad analizzare i singoli casi, valutando eventuali interferenze esterne. Insomma, una causa naturale di questo fenomeno sulla carta ancora non c’è.

L’origine “culturale” del fenomeno

Ne esiste però una “culturale”, a metà fra la classica psicosi collettiva e gli spunti offerti dai romanzi di spionaggio del britannico Graham Green. Che, non a caso, nel 1958 ha scritto ‘Il nostro agente all’Avana’, ambientato a Cuba ai tempi del regime di Fulgencio Batista, prima cioè della Rivoluzione di Fidel Castro.

La trama è a metà tra il serio e il faceto, con il protagonista – un agente dell’Mi6 – che si improvvisa autore di report inventati, suggerendo perfino a Londra di realizzare un’arma riciclando i pezzi di un’aspirapolvere. Ecco la temibile “arma” che per gli americani avrebbe causato la sindrome dell’Avana. E così il mito è diventato leggenda.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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