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Lady Huawei e la condanna a morte del canadese in Cina

La condanna a morte del tribunale cinese del cittadino canadese accusato di traffico internazionale di droga, getta nuovamente luce su una vicenda che ha più a che vedere con le guerre commerciali e la politica. Dietro la sentenza potrebbe esserci un caso diplomatico in corso tra Cina e Canada. Che porta un nome preciso: Lady Huawei.

È la figlia del fondatore di Huawei e dirigente dell’azienda, Meng Wanzhou. È stata arrestata nel 2018 a Vancouver, in Canada, su richiesta degli Stati Uniti. Le accuse erano frodi bancarie e violazione dell’embargo sull’Iran. Da allora vive in una prigionia dorata in Canada.

L’arresto di Lady Huawei diventa un caso politico

Pechino ha sempre ritenuto il suo arresto un caso politico. Quello che è certo è che l’amministrazione Trump nei confronti della Huawei aveva scatenato una guerra commerciale. Dapprima decretando il bando dell’azienda da suolo americano. Poi vietando alle aziende statunitensi di collaborarci, come nel caso di Android e nella vendita di semiconduttori. Misure in parte adottate dal Regno Unito.

Sia Stati Uniti sia Cina hanno tentato di utilizzare il caso giudiziario come uno strumento di pressione politica. Il Canada sembra rimasto intrappolato in una situazione in cui vorrebbe districarsi. Garantendo però il rispetto dell’indipendenza della magistratura.

Le pressioni della Cina

La risposta della Cina non si è fatta attendere. Dopo l’arresto di Meng altri due cittadini canadesi erano stati arrestati in Cina: l’ex diplomatico Michael Kovrig e l’uomo d’affari Michael Spavor accusati di spionaggio. Tuttavia la disparità di trattamento è plateale. Lady Huawei è agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico ed è stata fotografata fare shopping e in palestra, mentre i cittadini canadesi in Cina sono in regime di carcere duro.

Infine, la notizia del tribunale cinese che ha respinto la richiesta d’appello del cittadino canadese accusato di aver contrabbandato 225 chilogrammi di metanfetamine. In un primo momento era stato condannato a 15 anni, ma nel 2019 la condanna è stata inasprita alla pena capitale. L’uomo, si è sempre detto innocente. Il suo caso è stato rinviato alla Corte Suprema per la revisione.

Redazione

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