Su Facebook, da questa mattina, la sua foto del profilo è uno sfondo nero. Un’immagine che da sola basterebbe per spiegare lo stato di agitazione del professor Giovanni Savino, storico e docente universitario all’Accademia presidenziale russa dell’Economia nazionale e della Pubblica amministrazione di Mosca. Quando lo contattiamo è nella sua Napoli e ha da poco tolto gli ultimi punti di sutura per un’operazione chirurgica. Ma la sua famiglia è in Russia già da una settimana. “Mi scuso per il tono della voce – racconta a Newsby –. Perché studiare e spiegare certe cose è un conto, ma viverle è un altro”.
Professor Savino, ha in programma di tornare in Russia?
“Sì, ho già programmato il ritorno a Mosca. Avrei un aereo per domani mattina da Budapest, speriamo in bene…”.
È in contatto con i suoi familiari?
“Sono in contatto continuo con loro perché, anche se in Russia non ci sono i bombardamenti, c’è molto panico. Questa guerra o ‘operazione militare’, come la chiamano, è un paradosso: criticano tanto la Nato e poi usano le stesse strategie dell’Alleanza Atlantica. E alla popolazione russa questa situazione non piace”.
Com’è la situazione in Russia in questo momento?
“La Sberbank (il principale colosso bancario russo e dell’Est Europa, ndr) da questa mattina ha proibito l’erogazione di moneta in valuta estera come euro e dollari. L’applicazione della banca ci ha messo un’ora per aprirsi e so che in Germania i bancomat non accettano più le carte. Ma il problema non riguarda solo l’estero, perché gran parte della cosiddetta classe media russa conserva parte delle propria liquidità in valuta estera, in quanto è più sicura e stabile”.
È un primo effetto delle sanzioni annunciate da Washington?
“Sì, ma non solo. Probabilmente si tratta di un’iniziativa di Sberbank stessa, la quale teme di rimanere senza capitali. Anche se in realtà la Banca centrale della Federazione Russa ha annunciato un’iniezione di liquidità per gli istituti di credito del Paese”.
La Sberbank è anche il punto di riferimento dei pensionati e dei dipendenti statali.
“Esatto. Infatti alcuni colleghi sono preoccupati e pur di non restare sotto scacco del governo russo stanno andando nelle università per licenziarsi”.
Il presidente russo, Vladimir Putin, in un primo momento parlava di un’azione di “peace-keeping” nella regione del Donbass. Ma i bombardamenti sono in corso in diverse aree dell’Ucraina. Cosa sta succedendo?
“L’offensiva russa coinvolge tutto l’Est del Paese e anche regioni come quella di Kharkiv. Ma è un’operazione strana perché non si capisce fin dove il Cremlino voglia arrivare. Prendere il controllo delle grandi città è complicato. Nel 1941 le truppe naziste catturarono Kharkiv, ma poi la persero per quattro volte. Oggi Kharkiv è quasi il doppio di allora e conta circa 1,4 milioni di abitanti”.
Qual è l’obiettivo di Putin?
“Credo che Putin vada avanti giocando d’azzardo, alzando sempre di più la posta in palio. Stando alle sue dichiarazioni, il fine ultimo di questa offensiva dovrebbe essere la demilitarizzazione e la ‘denazificazione’ dell’Ucraina. La domanda da porsi è: fino a che punto vogliono arrivare l’esercito russo e quello dei separatisti? Fino a oltre il fiume Nipro? Fino alla capitale Kiev? Secondo me Putin punta al crollo dello Stato ucraino”.
Cosa intende Putin quando parla di “denazificare” l’Ucraina?
“Le bande armate di estrema destra in Ucraina esistono, hanno un peso e spesso l’Occidente le ha sottovalutate. Ma bisogna ricordare che i partiti da loro sostenuti ottengono percentuali risibili in Parlamento e, soprattutto, non hanno mai sostenuto il presidente ucrainoVolodymyr Zelensky. Anzi, Zelensky ha vinto le elezioni portando avanti un’idea di riappacificazione di tutte le popolazioni ucraine andando spesso contro alle minacce di un nuovo Maidan (le violente manifestazioni che nel 2014 hanno portato alla deposizione dell’allora presidente filorusso Viktor Yanukovich, ndr). Di certo i russi non si troveranno di fronte a dei campi di concentramento o delle camere a gas e anzi dovrebbero smettere con questa propaganda che manca di rispetto ai milioni di sovietici morti nella Seconda guerra mondiale”.
Putin ha parlato conseguenze “mai sperimentate prima” per chi proverà a intervenire. Cosa significa?
“Una situazione simile in Europa l’abbiamo già vissuta nell’ex Jugoslavia. Ma in quel caso si affrontavano piccole formazioni nazionaliste, non un esercito con uno degli arsenali atomici più grandi al mondo. Oggi prevale la retorica dell’impero che va in guerra, perché per il Cremlino la questione ucraina è una questione interna e come tale va gestita”.
Quindi la Russia è pronta ad utilizzare armi atomiche contro chi arriva da fuori?
“Non credo sia un’ipotesi possibile, ma finora molte delle cose che non credevamo possibili si sono avverate…”.
Quali saranno le ricadute economiche di questo conflitto?
“Ci saranno ricadute sia sul mercato interno russo sia in Occidente. Da un lato la Russia importa molto dall’estero, ad esempio generi alimentari, prodotti essenziali e medicinali. Dall’altro, in Europa, si riaprirà il dibattito sul rifornimento energetico. Anche i referendum sul nucleare in Italia che un tempo venivano visti come una vittoria di civiltà oggi saranno rimessi in discussione. Tutto ciò avrà ripercussioni sulla politica interna e sulle scelte ecologiche di diversi Stati dell’Unione europea”.
Professore, un’ultima domanda: si è chiusa definitivamente la porta della diplomazia?
“In questo momento sì. Ma bisogna ricordare che la situazione è problematica non solo per la Russia, ma anche per Usa e Cina, in quanto le principali potenze mondiali non sono state finora in grado di risolvere la situazione in modo pacifico. La strada del dialogo in questo momento è impraticabile e non aiuta nemmeno la proposta attualmente in discussione al Parlamento europeo per vietare ai russi l’ingresso in Ue. Al contrario, sta aiutando Putin a coltivare l’immagine di sé di una persona odiata dal mondo intero per giustificare le sue azioni”.