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George Floyd, il cordoglio tra Usa e Italia: “Non respiriamo”

La morte tragica di George Floyd a Minneapolis ha sconvolto tutto il mondo, e anche Roma e Milano si sono unite alla rete di cordoglio scattata in tutto il mondo per ricordare il 46enne afroamericano rimasto soffocato durante un fermo di polizia.

La tragica morte di George Floyd

Il fatto di cronaca si è verificato nella più nota città del Minnesota alle ore 20 di lunedì scorso. Le forze dell’ordine sono state chiamate per bloccare un uomo che aveva tentato di utilizzare un documento falso in un mini market. Identificato come George Floyd, è stato rinvenuto all’interno di un’automobile e secondo le ricostruzioni sembrava sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Alla richiesta della polizia di scendere dalla vettura, avrebbe opposto resistenza.

Il filmato del fermo, effettuato da alcuni cittadini, ha fatto il giro del mondo. Qui si vede infatti un agente (Derek Chauvin) premere a lungo il ginocchio sul collo di George Floyd, ormai già ammanettato e immobilizzato. “I can’t breathe“, sono state le ultime parole dell’uomo, con un filo di fiato, prima di esalare l’ultimo respiro. Un fatto di cronaca che negli Stati Uniti non è stato tollerato, tanto che a Minneapolis si sono verificati disordini per tre notti di fila. Fino all’incendio appiccato al commissariato di polizia con conseguente evacuazione. Troppo alto il rischio che l’edificio esplodesse.

Rabbia e cordoglio dall’America all’Italia

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E “I can’t breathe” è stato uno dei messaggi scelti dai manifestanti che si sono riuniti sotto il consolato americano a Milano per ricordare George Floyd e per chiedere giustizia. “Black lives matter” (“le vite dei neri contano”), “Nessuno può respirare con tutto questo razzismo” e “No justice, no peace” sono altri slogan scelti dai partecipanti.

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Anche a Roma un gruppo di attivisti ha deciso di manifestare sotto all’ambasciata degli Stati Uniti per ricordare con un sit-in il 46enne scomparso. I manifestanti si sono seduti sul marciapiede di fronte all’edificio. E anche in questo caso hanno scelto di esporre cartelli recanti la scritta “I can’t breathe“. Le ultime parole pronunciate da George Floyd.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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